Domenico Maurantonio: Riposi sui social, amen
La verità è che dobbiamo ancora abituarci al web: non sapremmo come spiegare diversamente la tendenza alle «code post mortem» che affollano i social network. Prendiamo come emblematico esempio il gruppo Facebook «Maurantonio Domenico non è morto solo verità e Giustizia». Ci si riferisce al ragazzo padovano morto sette mesi fa in gita scolastica a Milano cadendo dalla finestra dell’albergo dove alloggiava. A quanto ci risulta, nessuno degli utenti iscritti al gruppo conosceva personalmente lo studente o la sua famiglia, si tratta nel migliore dei casi di empatia generata da una morte che ai più è parsa assurda. «Anche stamattina un pensiero per te. Illumina chi brancola nella paura della verità», scriveva un’utente il 19 dicembre, «Tu, ateo come i miei ragazzi e tanti altri della vostra età, mi hai fatto scoprire la fede», scrive la stessa persona il giorno dopo. Un luogo di riflessione e – fortunatamente – non di pettegolezzo che senza il web non sarebbe mai potuto nascere: è difficile che le chiacchiere riescano a mantenere lo stesso argomento per 7 mesi. «Oggi mentre stavo cucinando non stavo pensando a Domenico. Ma per due volte mi sono girata di scatto perché avevo l’impressione ci fosse qualcuno. Pensavo di non aver sentito i miei figli. Invece non c’erano. E ho pensato a Domenico. E non è la prima volta. Ho sentito che anche altri del gruppo hanno vissuto situazioni analoghe. O stiamo diventando matti o Domenico vuole comunicarci qualcosa», scriveva a fine novembre una donna che si qualifica come medico. È difficile e forse impossibile guardare con la necessaria razionalità a questo nuovo uso dei social, quindi non vogliamo dare giudizi. Ci conforta il fatto che al gruppo per Domenico Maurantonio sia stata aggiunta anche sua madre che, se avesse qualcosa da obiettare, non rimarrebbe sicuramente zitta.
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