Risolto il referendum, ora il problema è la legge elettorale

Chiusa la complessa vicenda referendum, che ha assunto sempre più le fattezze di un vero e proprio giudizio politico sul governo Renzi piuttosto che una consultazione sul merito della riforma costituzionale, ora resta da capire quali sono gli scenari futuri che si prospettano per il nostro paese.

Elaborazione grafica di Flavio Kampah Campagna
Elaborazione grafica di Flavio Kampah Campagna

Tra vincitori che rivendicano lo schiacciante risultato del «No», in primis il Movimento 5 Stelle, e i vinti che cercano di smarcarsi e correre ai ripari, primo fa tutti il Pd, di mezzo ci sono una serie di nodi da sciogliere a partire dalla legge elettorale necessaria per disegnare le prossime mosse politiche fino alle dimissioni annunciate da Matteo Renzi, che dovrebbero realizzarsi dopo l’approvazione della legge di bilancio in Senato.
Innanzitutto c’è da dire che la vittoria del «No» ha di fatto reso l’attuale legge elettorale improponibile così com’è, creando di fatto due sistemi elettorali distinti, italicum alla Camera e consultellum (proporzionale puro) al Senato. Questo perché, i fautori della legge elettorale, con chiari poteri premonitori, avevano superficialmente previsto che la riforma Boschi venisse approvata dal popolo italiano, condizione che non si è verificata, creando questo labirinto giuridico in cui in qualche modo bisogna uscirne.
In attesa dunque del giudizio di costituzionalità della Consulta sull’italicum, previsto tra gennaio e febbraio prossimo, la «legge elettorale più bella del mondo, che ci invidieranno da tutto il mondo» (cit. Matteo Renzi) è già ormai fuori dai giochi almeno per come la conosciamo ora. Un aborto sul nascere che ora tutte le forze politiche dovranno provare a recuperare, per quanto possibile, cercando di trovare il bandolo della matassa. Il M5S, dal canto suo, tramite i due parlamentari Vito Crimi e Danilo Toninelli, ha fatto sapere di voler presentare una bozza sulla legge elettorale per applicare l’italicum anche al Senato ma su base regionale: «La nostra soluzione – scrivono sul blog di Grillo – e l’azione di controllo della Consulta garantiscono l’approvazione di una legge costituzionale e al di sopra delle parti. I partiti farebbero solamente una legge peggiore per i cittadini e “Anticinquestellum”».
Qualunque legge elettorale verrà fuori, la posizione del M5S e degli altri «colleghi» del «No» (in particolare Lega e FdI) è quella di andare il prima possibile alle urne evitando lo spettro di un nuovo governo «monco» del consenso popolare. Quanto alle dimissioni annunciate di Matteo Renzi, non potranno verificarsi prima dell’approvazione definitiva della legge di bilancio e fonti parlamentari lasciano intendere che il Senato è pronto ad approvare le ultime modifiche entro questa settimana. Solo allora si potrà aprire conseguentemente la crisi di governo con le dimissioni del presidente del consiglio davanti al capo dello Stato Sergio Mattarella, il quale a sua volta avrà l’oneroso compito di avviare nuove consultazioni o di sciogliere le camere e indire nuove elezioni nella prima data utile. Se pensavate che la partita fosse finita dopo il referendum, vi sbagliavate di grosso! Il meglio deve ancora venire!

Ivan Piedepalumbo