Ritorno al futuro
Interrompo il flusso dei ricordi che compongono la mia storia personale, frammento di un Grande Gioco, per chiarirvi il contesto in cui ho realizzato quel che all’inizio del racconto ho definito «il più importante e grave tentativo di sovvertire un ordine costiuito». Ovviamente, quel che ho compiuto non avrei potuto farlo senza il sostegno di una rete costituita da individui affretellati da interessi e valori comuni.
Quando sono arrivato a Roma correva l’anno 2006 e in quell’estate la nazione intera era in festa per la vittoria ottenuta ai mondiali di calcio. Con quell’evento si era seppellito immantinente l’allora recentissimo scandalo che aveva travolto il mondo del calcio. La corruzione percepita, in ogni dove, ha rappresentato la scintilla che ha acceso in me il desiderio di contribuire ad un Paese diverso. Ogni manifestazione contro, in quegli anni, mi vedeva presente.
Nelll’ottobre del 2010 un corteo partecipatissimo ha sfilato sino a Piazza S. Giovanni in Roma ove si sono verificati scontri violenti con le forze dell’ordine. Eravamo insieme io e Greta. Sugli scalini della Basilica abbiamo assistito alle più banali follie e violenze: manganelli, gas lacrimogeni, bombe carta. Siamo riusciti a ripararci nei giardini della Basilica e come noi tanti altri. Con delle sciarpe avevamo protetto bocca naso e occhi. Quando ci siamo allontanati, percorrendo Via dell’Amba Aradam, ci tenevamo per mano e muti guardavamo una intensa nuvola nera sollevarsi dalla Piazza che avevamo abbandonato. Eravamo fisicamente incolumi, ma scioccati dalla, per noi, irrazionale spirale in cui si era avvitata quella giornata che, invece, si annunciava di pacifica e festosa protesta. Percorrevamo il percorso del corteo al contrario e ci siamo resi conto che di pacifico e festoso poco c’era in una parte dei manifestanti. Davanti a noi si sqaudernava uno scenario di guerriglia urbana con danneggiamenti di ogni tipo. E’ stata quell’esperienza che mi ha fatto capire che una lotta andava si combattuta, ma era necessario e urgente cambiare strada, compagni di viaggio e strumenti.
Tornati a casa ho chiesto a Greta se si ricordasse cosa stavamo facendo appena tre anni prima. Lei, ancora scossa, non mi ha saputo rispondere. Allora gli ho ricordato di quando avevamo passato una giornata di settembre stesi sul divano giallo a guardare la diretta streaming della manifestazione indetta da Beppe Grillo. Egli aveva radunato decine di migliaglia di persone allo scopo di raccogliere le firme a sostegno di una legge di iniziativa popolare. Successivamente a quell’iniziativa il celebre comico aveva dato vita ad un movimento politico che io e Greta abbiamo deciso di avvicianare.
Parimenti, dovevo curare la mia clandestinità. Ero letteralmente, come ora sapete, uno scappato di casa senza alcuna intenzione di tornare sui miei passi. Quando ho raccontato a Greta della mia fuga e cosa l’aveva ispirata ho trovato solo comprensione e volontà di aiutarmi. Il primo passo necessario era quello della costruzione di una nuova identità. Non immaginavo che questo fosse possibile, a maggior ragione nel mio caso nell’ambito del quale pensavo che la mia famiglia avesse dato il via alle più affannose ricerche. In poche ore di lavoro e ricerche Greta ha trovato un articolo, in internet, di un giornale locale della mia terra natia in cui si narrava il ritrovamento di un cadavere carbonizzato appartenente ad un adolescente recentemente scomparso. Quando ho letto il mio nome su quel pezzo non potevo crederci. Ancor più strano il riferimento al Dott. Lo Bello che pareva aver coadiuvato il medico legale in sede di autopsia fornendo elementi determinanti alla mia identificazione. Ho raccontato subito a Greta l’hackeraggio che avevo subito dal mio medico ma non abbiamo dato peso al fatto in sé. Avevamo la possibilità di creare una nuova identità e la vastità di Roma e i suoi sclerotici uffici comunali sono stati i più validi alleati per il perseguimento di questo obbiettivo. Davanti ad un distratto impiegato pubblico mi sono dato il nuovo nome di Alessandro Rossi, fornendogli anche le fornendogli anche le foto formato tessera per la nuova carta d’identità. Per l’anagrafe capitolina ero il fratello minore di Greta nato San Francisco, come lei, il 25.10.1987. La conoscevo ormai da diversi giorni e ancora non capivo e non le avevo chiesto come mai fosse nata negli Stati Uniti.
Ora veniamo alla Rete a cui ho accennato al principio di questo ritorno al futuro. Questa altro non è che una organizzazione transanazionale segreta che al momento della sua fondazione, 1992, si è data il nome di Ἡλίου πόλις (Heliopolis). Gli obiettivi che questo organizzazione si proponeva e si propone sono molteplici. Il principale è quello di una trasformazione radicale dell’individuo e delle società mediante l’affermazione universale della democrazia privata degli elementi che storicamente l’hanno limitata. In altre parole, si persegue la volontà di costituire un governo mondiale dotato di poteri idonei alla composizione pacifica dei naturali conflitti. Per il compimento di questo disegno sono stati posti obiettivi intermedi consistenti nell’arruolamento prima e nel posizionamento poi delle donne e degli uomini di Heliopolis nei centri nevralgici dei Paesi più influenti e determinanti. Anche in Italia Heliopolis ha operato ed opera. Io e Greta siamo stati agenti di questa organizzazione che in Italia poteva e può contare su un centinaio di affiliati: imprenditori, giornalisti, ministri della Repubblica, agenti delle forze delle ordine, intellettuali, artisti, avvocati, magistrati.
Nei prossimi capitoli tornerò alla mia storia personale che via via si intreccerà sempre più con la Storia. Chiudo questo ritorno al futuro citandovi un frammento della formula di giuramento prestato il quale sono divenuto un agente:
«In ****, parties, politics, ideologies, religions disappear.
Man is the only owner of his destiny.
Collective knowledge is the new politics».