Sono tornata alle medie (per un’intervista)
Scrivo queste righe soprattutto per alcuni simpatici preadolescenti che mi hanno intervistato la settimana scorsa.
Circa una settimana fa sono stata invitata a parlare ai ragazzi di una scuola media, ho parlato di me, del mio libro, ho anche fatto pubblicità a questo blog. Non ho detto che a volte ci accusano di fare temi delle medie anziché giornalismo, forse gli studenti ci sarebbero rimasti male. Mi sono divertita, il pubblico sembrava davvero interessato, i tre quarti di loro ha dichiarato non solo di sapere le regole degli scacchi, ma anche di saperci giocare discretamente. Sono soddisfazioni. A parte il ragazzino che continuava a cercare in tempo reale su Google foto di quello che stavo dicendo, direi che nulla è cambiato granché. Ho cercato di raccontare, per quanto mi era possibile, il «dopo-liceo» e di metterli in guardia sugli editori a pagamento. Chissà se ci sono riuscita. Io personalmente ho detestato le medie o quasi, ma ne sono anche venute fuori delle cose buone, come l’aver conosciuto la mia migliore amica, ad esempio. E i tre moschettieri: ero davvero fissata col romanzo di Dumas, ora lo sto rileggendo e devo dire che avevo tutto il diritto di essere fissata, è un capolavoro. Non c’è niente di più diabolico di Milady.
In generale, è stato un periodo strano, ho cominciato la lunga lotta contro la gamba sinistra, prima il nervo, poi muscoli e ossa, il mio corpo stava diventando un estraneo, ma ho stretto i denti e sono andata avanti. La prof di lettere, nel periodo in cui portavo il gesso, mi ha selezionato per un concorso di lettura: si trattava di leggere sei libri in un mese, poi competere con altre scuole in una gara di domande specifiche sui suddetti libri. Prima ho tradito la parola data alla prof, poi mi sono riscattata, avendo ragione sui giudici di gara. Insomma ad ogni modo, sono sopravvissuta, anche grazie a dei docenti spettacolari.
Il guaio delle medie è che non sai ancora cosa vuoi fare della tua vita, il che è anche normale. Io, ad esempio, pensavo avrei fatto matematica. Sì, in italiano andavo bene, ma erano solo parole. Ci ho messo un po’ a capire che la mia mente funziona in un altro modo, ma che va bene uguale. Ho capito che quello che volevo fare era scrivere, che il mio era un dono. Quasi tutte le volte che ho cercato di uniformarmi alla massa sono state un fiasco per me. Insomma, quello che voglio dirvi, se siete alle medie e non vi piace, sappiate che il meglio (e anche il peggio) deve ancora venire. Al liceo ci si diverte di più e all’università si è talmente tanti che puoi decidere con chi stare, scegliere chi sono i tuoi «compagni di banco».
Grazie dell’intervista, ragazzi, se avete bisogno chiamatemi e io ritornerò.
Impegnata tra libri e scacchi, in movimento tra Padova e Torino, sempre con una forte dose di sarcasmo.