Libera informazione: Roberto D’Agostino
Anche dopo la strage di Charlie Hebdo, ha senso parlare di libertà d’espressione, sia a livello internazionale sia in Italia?
Mah. Io penso che la libertà di espressione oggi, almeno in Italia, sia più legata all’autocensura che a un effettivo divieto di scrivere proveniente dall’esterno.
Con la rivoluzione digitale tutti hanno la possibilità di aprire un blog, senza spese, e scrivere ciò che hanno in testa, mentre nei decenni precedenti era completamente diverso: c’era solo la carta stampata, che ha tuttora dei costi molto alti, si usava il ciclostile, per riuscire a farti pubblicità dovevi ricorrere al volantinaggio e via dicendo. Parlando di informazione, in particolare, la libertà c’è: poi c’è chi se ne avvale e chi no.
A questo proposito, Reporter senza Frontiere ha declassato l’Italia nella sua classifica annuale, posizionandola al 73esimo posto. Ce lo meritiamo?
Assolutamente sì: basta vedere tutti questi giornali inginocchiati di fronte a Renzi.. Questo lecchinismo appare quasi buffo. Travaglio ha scritto addirittura un libro, intitolato «Slurp», dandocene una dimostrazione. È vero, da un lato il potere mette una sorta di ghigliottina a determinate notizie; ma la soluzione non è certo piangersi addosso. Né leccare, ovviamente.
Tra i giornali di cui parlavi, ce n’è qualcuno che si salva?
Sì, ce ne sono, Il Fatto Quotidiano è un ottimo giornale, ad esempio. Ma non contiene certo tutte le notizie di cui hai bisogno. La domanda è un’altra: a seguito della rivoluzione tecnologica, appunto, c’è ancora la necessità di tenere un quotidiano cartaceo tra le mani? Secondo me no. Ci sono altre vie.
Dagospia potrebbe essere un’«altra via»?
Dagospia no, perché contiene una parte di rassegna stampa e un’altra parte di notizie «nostre», diciamo. Ti faccio un esempio: quando arrivò il cinema, il teatro non andò in soffitta: cambiò il suo modo di porsi, in modo da coesistere con il cinema. Poi è arrivata la televisione: tutti oggi coesistono, con forme diverse, e si compenetrano. Così dovrebbe fare il mondo dell’informazione.
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