I Sackler finanziano l’arte con gli oppiacei: è scandalo, ma non per i musei
Da un’inchiesta pubblicata sul «New Yorker» lo scorso ottobre, si evince che l’ingente ricchezza della famiglia Sackler ha avuto origine per la maggior parte dalla vendita dell’Oxycontin, un farmaco (oppiaceo) che crea dipendenza. I Sackler sono molto conosciuti per le loro generose donazioni, specie negli Stati Uniti e nel Regno Unito. La loro filantropia ha permesso la costruzione di nuovi edifici, l’apertura di nuove gallerie e sezioni, sovvenzioni per nomine curatoriali e molto altro. Il fatto, però, che la possibilità di erogare tali fondi sia stata ottenuta a spese di milioni di persone che ora sono dipendenti dall’Oxycontin sembra lasciare indifferenti i musei che ne hanno beneficiato. L’Oxycontin fu sviluppato come antidolorifico e lanciato nel 1995 dalla Purdue Pharma, fondata dai fratelli Arthur, Raymond e Mortimer Sackler. L’inchiesta del «New Yorker» è andata ad analizzare in particolare la campagna di marketing relativa al lancio dell’oppiaceo, per capire come fosse stato possibile un simile successo. Tra le righe si legge che la Purdue Pharma: «Ha finanziato la ricerca e pagato dei medici per convincere che le preoccupazioni sulla dipendenza da oppiacei era esagerata e che l’Oxycontin poteva trattare senza controindicazioni un vasto numero di malattie».L’obiettivo, infatti, era quello di far cambiare opinione alla comunità medica, da sempre contraria alla prescrizione di oppioidi. Il ruolo di questo farmaco è stato chiave nell’alimentare la spirale di dipendenza da oppiacei che sta caratterizzando gli USA. Ciò che ancor più preoccupa è che molte persone diventate dipendenti, non disponendo più dei mezzi per reperire e – soprattutto – pagare l’Oxycontin, hanno iniziato ad assumere eroina. Come appunto emerge da una ricerca dell’American Society of Addiction Medicine, quattro persone su cinque che provano l’eroina hanno iniziato con gli antidolorifici. Il presidente Trump in persona, lo scorso ottobre, ha evidenziato la gravità della situazione, dichiarando l’emergenza nazionale nella sanità pubblica; i costi per quest’ultima, stando al Council of Economic Advisers della Casa Bianca, si aggiravano sui 500 miliardi di dollari nel 2015. Nonostante tutto, non c’è mai stato un riconoscimento pubblico dei danni provocati dalla Purdue Pharma; molti processi sono finiti con accordi stragiudiziali, e altri sono tutt’ora in corso. L’inchiesta del «New Yorker» ha, inoltre, indagato un importante aspetto legato alla famiglia Sackler: le azioni filantropiche a favore di organizzazioni culturali. Sono state contattate tra le più importanti istituzioni americane e inglesi. Tra le americane, soltanto la Smithsonian institution ha risposto, affermando di aver accettato una donazione di arte asiatica e 4 milioni di dollari nel 1982, cioè ben prima dell’introduzione dell’Oxycontin. Nel Regno Unito, l’Ashmolean Museum (Oxford), il British Museum, la National Gallery, il Royal College of Art (Londra) e, in particolare, la Serpentine Gallery e il Victoria and Albert Museum si sono dimostrati molto riconoscenti alla famiglia Sackler per il supporto e i contributi donati. Soprattutto in materia di finanziamenti, è difficile che le organizzazioni culturali riescano ad assumere una posizione perentoria; sicuramente non verranno private dei fondi erogati, ma sarebbe importante che, quanto meno, riconoscessero la gravità del comportamento di una famiglia che, per arricchirsi, non si è fatta scrupolo nemmeno della vita umana.
Laureata in Economia dei Beni Culturali all’Università Ca’ Foscari di Venezia, frequento la magistrale in Marketing e Mercati Globali all’Università di Milano-Bicocca. Innamorata della cultura, nel mio piccolo cerco di diffonderla il più possibile.