«La scelta»: il coraggio jugoslavo a teatro
Una serata da lasciare senza fiato, una serata per riflettere, il 9 gennaio scorso a Bassano del Grappa (Vicenza) dove è andato in scena lo spettacolo teatrale «La scelta».
Marco Cortesi, attore, regista e scrittore italiano, con la collaborazione dell’attrice Mara Moschini è riuscito a mettere in scena uno degli episodi più atroci della storia dell’uomo: la guerra in Jugoslavia.
Questo spettacolo teatrale, sul quale è stato anche scritto un libro con il relativo film-documentario, è riuscito a scuotere gli spettatori tanto da poter vantare ben 360 repliche in Italia e all’estero.
Oltre alla bravura eccelsa degli attori, l’arma vincente de «La scelta» è che Cortesi e la Moschini sono stati in grado, basandosi sul lavoro giornalistico di Svetlana Broz, nipote del capo di governo jugoslavo Josip Broz (comunemente conosciuto come Tito), di dare voce ai sopravvissuti di quegli eventi atroci, raccontando quattro storie dove l’umanità ha prevalso sull’orrore della guerra, e facendo così ragionare le persone presenti su cosa si sarebbe disposti a fare per l’altro in uno scenario così truce. Saremo disposti a rischiare la nostra stessa vita per uno sconosciuto?
La crisi jugoslava iniziò negli anni ’90 a causa delle grandi differenze etniche e culturali presenti nel territorio, accentuate dopo la morte di Josip Broz. Infatti i vari stati che facevano parte della Repubblica federale jugoslava (Serbia, Montenegro, Slovenia, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Macedonia e le provincie autonome del Kosovo e della Vojvodina) cominciarono, ad uno ad uno, a reclamare ed in seguito proclamare l’indipendenza politica ed economica. Tale affronto non fu accettato di buon grado dal governo che, a eccezione dell’indipendenza pacifica ottenuta da Macedonia e Slovenia, diede inizio ad una feroce repressione in Bosnia e in Croazia. Tale conflitto rimarrà nella storia per l’ingente somma di civili morti durante gli scontri, ed è stato così cruento che nemmeno i numerosi interventi delle truppe delle Nazioni Unite riuscirono a far cessare gli scontri. Fortunatamente nel 1995, tramite la sottoscrizione degli Accordi di Dayton, si è raggiunta la tanto agognata pace.
Tramite i racconti dei sopravvissuti oggi sappiamo che in questa guerra si cercò di fare un’autentica pulizia etnica, e che i soldati «uccidevano tutti quelli che trovavano, nessuno escluso».
Dalle storie raccontate ne «La scelta» apprendiamo che in qualche caso alcuni uomini, che non erano presi di mira dai fucili nemici, hanno rischiato la propria vita per il prossimo. Un autista di autobus, che trasportava i musulmani che le truppe volevano uccidere, con coraggio e tenacia, anche se non era la sua vita a rischio, ha deciso di guidare senza fermarsi fino al confine, per riuscire a portare in salvo i suoi passeggeri. In un altro episodio, uno sconosciuto aiuta una donna, che cerca disperatamente di raggiungere il figlio, a passare i posti di blocco nemici. Oppure, in un altro caso, gli attori hanno raccontato agli spettatori come un soldato appartenente alla schiera nemica, nel controllare i passaporti di chi passava la dogana, lasciò passare una signora anziana, anche se si era reso conto non fosse della sua stessa etnia, e che il codice militare gli avrebbe imposto invece di ucciderla. Ma qual è il motivo che spinge queste persone a compiere questi atti eroici? Non certo il denaro, o la fama, ma semplicemente la gioia di poter aiutare il prossimo e la consapevolezza che la felicità autentica che nasce nel cuore dell’altro sia la ricompensa più grande di tutte.
Saremmo disposti oggi a sacrificare tutto ciò che abbiamo di più prezioso, ovvero la vita, per uno sconosciuto? Per uno straniero di un’altra cultura che forse non comprendiamo? Oppure saremmo quelli che scappano davanti alle avversità e si rifugiano nella certezza di essere dalla parte «dei vincenti»?
E se fossimo noi invece nei panni di quelle persone che scappano dalla guerra e dalle bombe, non faremmo qualsiasi cosa pur di trovare qualcuno che ci aiuti? Cosa faremmo noi se ci trovassimo in una realtà egoistica, dove ognuno pensa a se stesso e non ci vuole dare una mano?
La risposta è ovviamente sepolta nella parte più recondita di noi stessi e spetta a noi capire che uomini vogliamo essere, e quale società vogliamo costruire. Ciò che è certo è che queste questioni, oggi apparentemente così distanti, in realtà sono molto più attuali di ciò che sembra, pertanto l’unica cosa che ci possiamo augurare e che la storia passata possa essere la maestra del nostro futuro.
Laureata all’Università di Padova Ingegneria Chimica e dei Materiali e laureata magistrale in Ingegneria Chimica (Susteinable Technologies and Biotechnologies for Energy and Materials) presso l’Almamater Studiorum Università di Bologna.
Scrivo per La Voce che Stecca dal 16 luglio 2015 e su queste pagine mi occupo di cultura, musica e sport, ma soprattutto di scienza, la mia passione.