Se vince il «Sì» solo il Pd potrà davvero governare il paese
Se il 4 dicembre vincesse il Sì, la scomparsa del bicameralismo perfetto a favore del bicameralismo incasinato (copyright Marco Travaglio) porterebbe a una situazione in cui, al di là delle idee politiche di ciascuno, ogni cittadino alle elezioni del 2018 dovrebbe votare il Pd perché sarebbe l’unico partito in grado di governare.
Ci spieghiamo meglio: la riforma costituzionale fa sì che il Senato debba obbligatoriamente deliberare sulle leggi costituzionali e in materiale di elezione del Senato stesso, su questioni legate ai referendum e su quelle leggi che stabiliscono «norme generali, forme e termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione delle norme e delle politiche dell’Unione europea». Ma il Senato potrà, su richiesta di un terzo dei propri membri, proporre modifiche a ogni legge approvata dalla Camera, la quale dovrà poi — con un terzo voto — accettarle o rifiutarle. In altre parole, su alcune materie rimane il bicameralismo perfetto, su altre dipende dalla volontà del Senato, il quale può «fare melina» allungando i tempi di approvazione di una legge.
Perché quindi, in caso di vittoria del Sì, dovremo augurarci di avere una Camera e un governo targati Pd? Semplicemente perché il Senato sarà composto in larga parte da membri del Partito Democratico: quasi tutte le regioni sono in mano al Pd, ed è improbabile che i consigli regionali nominino in Senato sindaci di colore avverso. E anche se fosse, 21 sindaci possono poco di fronte a 74 consiglieri regionali.
Se al governo ci fosse il Movimento 5 Stelle (probabile) o il centrodestra (fantascienza), il Senato potrebbe diventare un contropeso davvero eccessivo: dal momento che i pentastellati non hanno nessuna regione, la Lega ne ha due e Forza Italia ne ha una sola, non sarebbe assurdo immaginare uno scenario di ostruzionismo e di perenne allungamento dei tempi. Se oggi per approvare una legge ordinaria ci vogliono due passaggi, è probabile che per la stessa legge ce ne vorranno tre, se Camera e Senato avranno maggioranze diverse.
Si profilano quindi due possibilità paradossali: se al governo andrà il M5S o il centrodestra, avremo un contropeso capace di rallentare terribilmente il potere dell’esecutivo, se non addirittura capace di immobilizzarlo; se invece le elezioni le vincerà il Pd, il Senato potrebbe anche non esistere, perché approverà senza se e senza ma ogni legge già passata al vaglio della Camera.
Il bicameralismo perfetto, nato affinché le camere si controllassero a vicenda, avrà più o meno validità a seconda di chi vince le elezioni, e questo è assurdo: come può un’istituzione statale essere così in balia della contingenza delle elezioni?
Ah, dimenticavo, c’è una terza possibilità: se vince il No rimarrà tutto come prima, e forse è davvero meglio così.
Giornalista professionista e fotografo. Ho pubblicato vari libri tra storia, inchiesta giornalistica e fotografia