Shock in Rome Town
C’è uno «Shock in Rome Town»: ho sentito urla di furore di politici senza passato, di neoprimitivi dell’amministrazione della polis, ma sono rozzi cibernetici signori degli anelli, si spingono fino a essere quasi orgoglio dei manicomi.
Ci perdoni Franco Battiato per aver storpiato così un capolavoro come Shock in my town (da «Gommalacca», 1998), ma sembra essere – con tutta l’elasticità che si deve alle profezie – la perfetta descrizione di quanto sta accadendo in questi giorni a Roma: una rivoluzione gentile che sembrava a un passo si è tramutata in un autentico casino. Le tribù e anche i singoli suburbani si scontrano in quello che è diventato un campo aperto dove a morire sono le speranze di tutti i romani, che speravano di aver dato il proprio voto a qualcuno che, con tutta l’inesperienza e con tutti i difetti che chiunque ha o può avere, pensasse prima di tutto a risistemare una città che da anni pare essere sull’orlo di un crack. E invece no: eccoci qua a disquisire sul potere di direttori, mini o maxi che siano, di bugie, di omissioni, di mail non comprese fino in fondo, di conversazioni pubblicate dai giornali. Come si può pensare al bene dei cittadini quando le grane – neanche mancassero quelle esterne e prevedibili – se le trovano in casa?
Di fronte a questi «shock addizionali» altro che Kundalini: «Sveglia Roma, sveglia Raggi, sveglia cittadini!». Forse davvero serve un carico di mescalina che permetta di discernere il necessario dall’autolesionistico opzionale, il prevedibile dal masochistico imprevedibile. I romani hanno fatto una scelta precisa, decretando la vittoria di Virginia Raggi su Roberto Giachetti: come sempre chi vota qualcuno lo fa perché costui (o costei) rispetti il suo programma: in questo caso incentrato sulla trasparenza, sul tentativo di risistemare una capitale caotica e ultimamente balzata alle cronache solo per vari scandali.
Fa bene Virginia Raggi, con lo scopo di «scappare via dalla paranoia», a non subire passivamente i diktat del Movimento: è lei a essere stata votata, è lei ad avere la responsabilità delle proprie scelte. Che agisca, solo il tempo potrà dirci chi aveva ragione. L’importante è non favorire un Marino-bis, con l’impeachment decretato fuori dal Campidoglio.
Cara Raggi, cari assessori, cari amici pentastellati, smettetela di azzannarvi tra di voi e pensate a sistemare una città che ha il diritto di avere la priorità su ogni vostra infantile bega da condominio. Siate trasparenti, anche se prendete la persona sbagliata: errare è umano, mentire è da Prima e Seconda Repubblica.
Giornalista professionista e fotografo. Ho pubblicato vari libri tra storia, inchiesta giornalistica e fotografia