Si vota su Rousseau: il PD fa fatica a convincere la base 5S

Oggi è uno dei giorni cruciali per la formazione del (parzialmente) nuovo Governo. La base del Movimento 5 stelle, composta dagli iscritti alla piattaforma Rousseau, si deve esprimere sulla nuova alleanza con il Partito Democratico guidato da Nicola Zingaretti, seppur la maggioranza dei Parlamentari Dem sia ancora composta da appartenenti alla corrente renziana.

La sensazione è che i due capi politici siano stati sospinti dalle truppe parlamentari, che erano contro le loro posizioni iniziali, per poi infine cedere turandosi il naso in questa alleanza piuttosto inusuale. Per questo, per il voto online di oggi, c’è stata un po’ di maretta tra le fila pentastellate. Il PD fa fatica a guadagnarsi la fiducia del popolo pentastellato: dal risultato dei sondaggi, infatti, notiamo che gli elettori PD sono, in percentuale, più favorevoli all’accordo con la controparte rispetto a quelli del Movimento. I votanti allora hanno cercato risposte dalle figure che, con il PD, hanno avuto le prime interlocuzioni, identificate nel Capo Politico e nei Parlamentari di spicco, in particolare i Capigruppo D’Uva e Patuanelli, che hanno avuto il mandato di trattare sui temi da portare avanti.

Di Maio, sotto questo punto di vista, non è stato d’aiuto: in silenzio dal giorno del discorso di Conte in aula, ha solo lanciato unilateralmente le sue condizioni fuori dalle diverse sale delle consultazioni, senza far trapelare se ci fosse un effettivo dialogo o almeno un eventuale feedback da Zingaretti & Co. Qualche altra dichiarazione ha riguardato solo il ruolo di Vice Presidente del Consiglio. Anche i Parlamentari, all’uscita dagli incontri tra gli sherpa delle due fazioni, non sono mai andati al di là del classico «stiamo lavorando sui temi». Davide Casaleggio è stato un altro assente dalla scena pubblica, non esponendosi mai se non per difendere il suo prodotto, ovvero Rousseau, dagli attacchi di discredito che arrivano un po’ da ovunque.

Chi ha improvvisamente ripreso le redini del gioco è stato, invece, Beppe Grillo. Prima tramite elogi a Conte, nominandolo praticamente leader in pectore, poi attraverso un video piuttosto chiaro, ha esortato il gruppo dirigente a sedersi ai tavoli, rivolgendosi agli elettori come ai vecchi tempi, ovvero suggerendo di sognare in grande.  Altro grande protagonista, sulla scia dell’exploit contro Salvini, è stato Conte, elemento (secondo alcuni) non ancora identificato. Le sue aperture a Lagarde e Von der Leyen hanno fatto storcere il naso ai più eurocritici, tanto che si è arrivati a una sorta di guerra interna: c’è chi voleva evitare il voto online per chiudere ogni porta alle elezioni, chi ha fatto endorsement molto spinti ai nuovi interlocutori e chi li ha attaccati senza pietà, minacciando il voto contrario a un’eventuale fiducia.

Guerra in parte rientrata ieri, in serata, con le dirette di Conte e Di Maio: il primo rivendica la possibilità di cambiare il Paese, il secondo rinuncia al ruolo di Vice Presidente, accettando la proposta Dem di rinunciare entrambi a quel ruolo, sembrando più possibilista a un accordo. Inoltre, nel corso della giornata, gran parte del gruppo parlamentare ha espresso nei social il suo Sì al quesito di domani. A breve sapremo se è pace fatta o se la resa dei conti interna è stata semplicemente rinviata.