Hai la sindrome di Down? Sì, e scrivo poesie
Giulia Pertile presentava il suo libro Giulia, verso una vita indipendente (Cleup), e io ero lì, nella sala verde del Caffè Pedrocchi, Padova, ieri pomeriggio. Giulia è una bella bionda, una delle ultime volte che l’ho incontrata, nel 2007, abbiamo ballato, in Prato della Valle. Era un ballo sfrenato, le tenevo le mani troppo forte e lei rideva. Ha la sindrome di Down e fa la poetessa, è già alla sua seconda raccolta di poesie, domani vedrò meglio di che genere di poesie si tratta. Abbiamo bisogno di donne come Giulia. Nella battaglia per la parità di genere ci si mette anche l’Accademia della Crusca (che ultimamente, da quando è scomparso Umberto Eco, sta dando i numeri!), invitandoci a usare parole come ministra, notaia, ingegnera. Da bambina dicevo sempre che avrei fatto l’ingegnera. Ho cambiato prima desinenza e poi idea. E ora la Crusca mi dà ragione! Infermiera e maestra sono bei termini, che suonano bene, mentre sindaca no? Ma quando è stato deciso? La frase «Il ministro s’è tolto la giacca e la sala ha rumoreggiato» viene meglio con la parola «ministra».
Tornando a Giulia, l’altro tema da aprire sarebbe l’uguaglianza delle persone con la sindrome di Down, si aprirebbe un capitolo infinito. La loro «fortuna» è che è una malattia conosciuta da tutti e abbastanza diffusa; ho sentito tante cose stupide su di loro, che sarebbero dei «mongoloidi» o «che una vita del genere non vale la pena di viverla». Insomma, ci sono in giro tanti di quei cretini veri.
Impegnata tra libri e scacchi, in movimento tra Padova e Torino, sempre con una forte dose di sarcasmo.
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