Speriamo che riaprano l’Eternit a Casale

Eternit

Noi vogliamo che venga riaperta la fabbrica dell’Eternit a Casale Monferrato, in provincia di Alessandria. Non è una provocazione la nostra, quanto piuttosto un dato di fatto: il governo ha approvato alla vigilia di Natale l’ennesimo decreto «Salva Ilva» (diventato legge lunedì scorso) e quindi, noi diciamo, perché non far risorgere anche l’Eternit? Diciamo a Casale ma anche a Napoli e in tutte le città dove si era stabilito il colosso del cemento. D’altronde, l’Ilva a Taranto ha ucciso circa 11mila persone e l’inchiesta è ancora in corso, l’Eternit a Casale molti meno della metà e il processo si è concluso in nulla a causa della prescrizione; ergo, cosa impedisce al governo di farla risorgere? Ovviamente senza Schmidheiny alla guida: se non altro perché, vista la sua non più tenera età, è adatto solo a essere «rottamato» dal renzismo; però, con una guida molto più giovane, che male ci sarebbe a riaprirlo? L’Eternit nei tempi d’oro, insieme agli altri cementifici di Casale, dava lavoro a gran parte della popolazione e, in questi tempi di crisi, i disoccupati sarebbero in coda davanti ai cancelli per cercare di farsi assumere.
Ovviamente
chissenefrega se l’Ilva e l’Eternit hanno ucciso migliaia di persone e moltissime ne uccideranno ancora: c’est la vie ed è anche la legge del mercato: c’è chi vince e c’è chi perde. E poi, se proprio dobbiamo essere sinceri, in tempi così bui per l’economia non è il caso di fare gli schizzinosi. Un lavoro è pur sempre un lavoro.
Certo, alcuni gufi e rosiconi diranno «l’Ilva e l’Eternit vanno distrutte e va distrutta anche la loro memoria: sono il marcio dell’industria italiana». Non badateci: sono solo invidiosi forse perché un loro parente non è riuscito a farsi assumere o perché si spacciano per ambientalisti. Ma cos’è questo «ambientalismo»? Solo una dicitura per sentirsi autorizzati a rompere le palle.
Noi siamo per il salvataggio dell’Ilva, per la ricostruzione e la riapertura degli stabilimenti dell’Eternit di Casale Monferrato e di Napoli. Il progresso miete vittime, fortunatamente nelle famiglie degli altri.

Tito G. Borsa