Lo Statuto dei Lavoratori: 45 anni dopo

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Il 20 maggio lo Statuto dei Lavoratori ha compiuto 45 anni. Quando venne approvato nel 1970 rappresentò una grande conquista per i lavoratori italiani, un cambiamento epocale nei rapporti tra «padrone» e dipendenti. Fu la Cgil la prima a proporre nel 1952 di «portare la Costituzione nella fabbriche», dato che il testo costituzionale approvato nel 1948 non aveva innovato l’assetto giuridico dei rapporti individuali e collettivi di lavoro in modo tale da introdurre vere salvaguardie dei diritti dei lavoratori nella difficilissima situazione che si era venuta a creare negli anni 50 del secolo scorso. Passarono quasi vent’anni prima che nel 1969 il socialista Giacomo Brodolini, ministro del lavoro nell’esecutivo Rumor, raccogliesse la proposta e istituisse una commissione guidata da un giovane Gino Giugni per stendere una bozza di disegno di legge. La legge 300 venne poi approvata il 20 maggio 1970, dopo la morte di Brodolini che era stato sostituito da Carlo Donat Cattin, e sarebbe diventata la fonte normativa più importante, dopo la Costituzione, in materia di libertà e attività sindacale, il testo che in 41 articoli divisi in 6 titoli tutela la libertà e la dignità del lavoratore, la libertà e l’attività sindacale, e che contiene norme sul collocamento e disposizioni penali. Tra gli elementi più significativi contenuti nella legge  il riconoscimento della libertà di manifestazione del pensiero anche nei luoghi di lavoro, il divieto di indagini sulle opinioni del lavoratore,  il diritto dei lavoratori di intervenire in materia di sicurezza ed ambiente di lavoro, la limitazione del potere di variare le mansioni e il divieto di atti discriminatori. La legge fu approvata con l’astensione del Partito Comunista che lamentò l’esclusione delle tutele per i lavoratori delle aziende più piccole.
Grazie alla legge 300 la condizione dei lavoratori italiani migliorò moltissimo, basti pensare che fino a quel momento il «padrone» poteva licenziare a suo piacimento e senza preavviso e a causa di ciò nei luoghi di lavoro non era garantita la libertà di espressione ed era quasi impossibile far valere le proprie ragioni.
Purtroppo lo Statuto dei Lavoratori non è arrivato in salute a questo compleanno a causa dei cambiamenti apportati dalla legge Fornero e dal Jobs Act che sono andati a toccare l’art. 18 (che impediva il licenziamento in assenza di giusta causa) fino ad archiviarlo per i nuovi assunti. Provvedimenti che sono stati da molti salutati con entusiasmo ritenendo l’articolo 18 la causa principale dell’alto tasso di disoccupazione in Italia. Strano però, perché non ci vuole certamente un genio per capire come questo grave fenomeno sia piuttosto da imputarsi al lungo periodo di recessione economica iniziato nel 2008 e da cui pare si stia lentamente uscendo, come non ci vuole un genio per capire che non c’è niente da gioire quando vengono toccati i diritti e le libertà delle fasce più deboli come sono i lavoratori dipendenti.
Ma tant’è, nella Storia si alternano periodi di conquiste e riforme, ad altri in cui tocca resistere e difendersi. Intanto c’è chi pensa già ad un nuovo Statuto dei Lavoratori e chi nelle aziende tratta con gli imprenditori più illuminati per contenere i danni del Jobs Act.