Stefano è morto tre volte
La Voce che Stecca, blog di libera informazione, si unisce al dolore e all’indignazione della famiglia di Stefano Cucchi di fronte alla sentenza di ieri 31 ottobre che ha visto tutti gli imputati assolti.
Di morte dovrebbe essercene una sola per ciascuno di noi. Stefano Cucchi invece è morto tre volte, come ha ricordato ieri la sorella Ilaria: la prima in una cella il 22 ottobre del 2009, la seconda in un’aula di un tribunale poco più di un anno fa (quando per la sua morte sono stati condannati solo i medici, per di più a pene molto lievi) e la terza ieri, quando la Prima corte d’appello d’assise ha ribaltato la sentenza in primo grado assolvendo tutti gli imputati.
Prima di giudicare la sentenza preferiamo vedere le motivazioni, che verranno emesse quanto prima, però possiamo sbilanciarci affermando che probabilmente la causa di questa clamorosa assoluzione collettiva sia stata per gran parte degli imputati la mancanza di prove. È ovvio che un giudice non si arrischia ad emettere una sentenza senza delle basi certe, sapendo che verrà nullificata in Cassazione, perché allora non chiedere nuove indagini? Si continua ad indagare, spesso trovando anche elementi sfuggiti inizialmente, anche su casi vecchi di 40 anni e non si può almeno provarci dopo 5? L’ultima parola sul caso Cucchi lascia basiti tutti: il Manifesto titola “Nessuno è Stato”, Il Fatto Quotidiano “A ridurlo così non è stato nessuno”, sui social e sul web piovono insulti ai giudici e agli assolti. Nessuno può dar loro torto: per gran parte degli imputati – secondo le nostre supposizioni – non c’è stata (almeno sul piano pratico e non giuridico) nessuna prova d’innocenza, quanto la mancanza della certezza della colpa. Certo, giuridicamente le due cose si equivalgono: si è innocenti finché non viene provato il contrario; qua però stiamo parlando su un piano strettamente morale.
Ponendo che la sentenza della corte di appello sia corretta, che insomma tutti gli imputati siano effettivamente innocenti, perché non ordinare nuove indagini? Perché non cercare veramente dei colpevoli? Forse si pensa davvero che Stefano Cucchi quelle ferite se le sia inferte da solo, forse siamo solo noi gli illusi che pensano davvero che ci sia ancora giustizia. Forse hanno ragione Carlo Giovanardi e Gianni Totelli del sindacato di polizia Sap che dicono rispettivamente che non c’è stato alcun pestaggio e che Stefano aveva uno stile di vita tale da dover mettere in conto una morte simile. Ma vi dice nulla la sigla Sap? Non è forse lo stesso sindacato che sei mese fa applaudì festoso (insieme al capo della polizia Pansa, Ignazio Larussa e Maurizio Gasparri) il reintegro di 3 dei 4 agenti condannati per l’omicidio di Federico Aldrovandi? Ebbene sì, di Sap ce n’è uno.
Come abbiamo già detto, attendiamo le motivazioni della sentenza per capire davvero il perché di quest’assurda assoluzione collettiva, augurandoci che così assurda non sia.
Tito G. Borsa
P.S. Abbiamo deciso di mettere la foto del cadavere di Stefano Cucchi per farvi questa domanda: come giudichereste le sue ferite?
Giornalista professionista e fotografo. Ho pubblicato vari libri tra storia, inchiesta giornalistica e fotografia
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