Una storia d’Italia attraverso le sue merendine
Fenomenologia della merendina
Riccardo Ventrella
Edizioni Clichy – 2016 – 12 euro
Una anomala versione della storia d’Italia raccontata evocando i sapori della nostra infanzia e il loro impatto sociale: dalla storica Girella che «si presenta sul mercato nel 1973, ai confini di una delle più gravi crisi energetiche» al Succo Billy, «tra i simboli più eminenti del periodo storico del riflusso» ma «chiamarlo succo di frutta è già generoso, in quanto la sua parentela col succo d’arancia è rimasta sempre sul vago». Si passa poi per il Kinder Brioss, i Bucaneve, lo Stek Doria, il Buondì, i Ringo, i Togo, il Toblerone e via discorrendo. Le merendine hanno sempre significato qualcosa per la nostra storia: momenti, sensazioni, situazioni che avevamo in comune, noi consumatori, con i nostri coetanei che si saziavano con la stessa merendina. Nanni Moretti, in Palombella rossa, urlava «Le merendine di quando ero bambino non torneranno più», ed ecco l’identificazione fra questi prodotti e il nostro passato, e la nostalgia che ci assale. Dopo un’introduzione quasi filosofica sull’argomento (tanto che il titolo del volume richiama la fenomenologia di husserliana memoria), ecco la carrellata di merendine accompagnate da un piccolo cenno storico e dall’enumerazione delle loro caratteristiche. Tra la trattazione seria e la battuta, Riccardo Ventrella riesce davvero a riscrivere la storia d’Italia attraverso i prodotti che le masse consumavano. La merendina non è mai stata un cibo elitario, sia per il prezzo sia per le coinvolgenti campagne pubblicitarie, ha sempre unito e mai diviso. «Ecco codificata la regola aurea della merendina, ogni giorno a tutte le ore: se la merenda aveva un tempo e un luogo, d’ora in poi la merendina potrà essere consumata ovunque. Già pronta, senza bisogno del controllo degli adulti, va solo scartata e consumata».
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