«Il suicidio francese», un saggio che spaventa
Il suicidio francese
Éric Zemmour
Enrico Damiani editore — 2016 — 19 euro
Saggista e giornalista, opinionista de Le Figaro, Éric Zemmour è stato definito, dopo la pubblicazione di questo libro, «uomo dell’anno 2014». Dal XVII secolo la Francia è stata il centro del mondo, tanto da poter imporre le proprie usanze e i propri punti di vista a un pubblico straniero estasiato e sedotto da quelle meraviglie. Oggi, vedere per credere, non è più così: il ruolo di «dominatore» le è stato tolto e anzi la Francia è costretta a subire tradizioni e valori agli antipodi rispetto ai propri. Zemmour, paladino del politicamente scorretto, inizia così la sua cruda, severa e spaventosa analisi della patria che ha tanto amato: la memoria nazionale del popolo è stata disintegrata e la sua unità spezzata, e questo non può che portare — secondo l’Autore — al crollo della nazione. La colpa è degli eredi del ’68: élite politiche, economiche, mediatiche, intellettuali, amministrative e artistiche che, già felici della perdita del ruolo di primo piano che aveva la Francia, ora gioiscono di fronte alla fine di uno Stato. Questo saggio è un elenco di avvenimenti, presidenti, canzoni e film che hanno piano piano, in modo silenzioso e celato, decostruito la Francia pezzo dopo pezzo. «La Francia è il malato d’Europa», così inizia Il suicidio francese: «La Francia fa paura; la Francia si fa paura». Portavoce di un conservatorismo tanto estremo quanto intelligente (a differenza di altri estremismi ottusi), Zemmour continua, nell’Introduzione, il suo epitaffio alla patria: «I francesi non riconoscono più la Francia. La Libertà è diventata l’assenza di leggi, l’Uguaglianza, l’ugualitarismo, la Fratellanza, la guerra di tutti contro tutti». Una sorta di ritorno al passato, riprendendo un discorso di hobbesiana memoria: lo Stato elimina il bellum omnium contra omnes, l’apparato troppo generoso di libertà ricrea questa guerra. Difficile essere d’accordo in tutto e per tutto con Zemmour, ma probabilmente il suo obiettivo era un altro: è impossibile sopravvivere incolumi alla lettura del Suicidio francese. Il saggio fa sorgere domande, obiezioni alle certezze che ci vengono offerte in pasto ogni giorno. Se questo era il fine dell’Autore, ebbene, è stato raggiunto con successo.
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