Sulla XII disposizione e sullo scioglimento di FN
Dopo l’assalto alla sede romana della CGIL, il dibattito politico si sta concentrando sull’opportunità di applicare la legge Scelba per procedere allo scioglimento di Forza Nuova in quanto organizzazione di stampo neofascista. Per poter impostare un’analisi su questo argomento, non si può che partire dalla definizione di fascismo: in «Corso sugli avversari. Lezioni sul fascismo», Palmiro Togliatti riprese la formulazione stilata dall’Internazionale comunista: «Il fascismo è una dittatura terrorista aperta degli elementi più reazionari, più sciovinisti, più imperialisti del capitale finanziario». Proseguendo nella ricostruzione di Togliatti, l’imperialismo può degenerare in fascismo, in quanto il primo tende: alla concentrazione del capitale dunque alla formazione di monopoli; alla fusione del capitale bancario e industriale nella formazione di un’oligarchia finanziaria; all’acquisizione d’importanza dell’esportazione di capitali; alla creazione di associazioni monopolistiche internazionali.
I capitalisti hanno la necessità di tutelare i profitti e per farlo devono trovare una struttura che li difenda dai lavoratori. Da qui, la possibilità, laddove il proletariato non riesca a difendere le istituzioni democratiche, dell’instaurazione di una dittatura terrorista che tuteli il capitale: il fascismo.
Tale ricostruzione è funzionale a un parallelismo con l’attualità. Anche ai giorni nostri troviamo un contesto dove domina l’ideologia liberale in campo economico, che produce le sue storture di classe. Tuttavia, sarebbe ridicolo sovrapporre l’analisi precedente al sedicente neofascismo espostoci come realtà concreta: oggi, non esistendo l’unità d’intenti di classe per scalfire il capitale, quest’ultimo non ha bisogno di servirsi del fascismo; gli basta dissimulare l’intelaiatura istituzionale democratica, svuotandola delle sue prerogative.
Il neofascismo dei giorni nostri, come dimostra l’ultimo episodio romano, funziona sempre da supporto al capitale, ma lo fa da una posizione differente. Questi episodi sono funzionali a rifornire il capitale di bocconcini prelibati su cui ergere giustificazioni alla repressione in atto (nuove limitazioni sulle manifestazioni organizzate contro il lasciapassare verde). Da qui l’associazione illogica conseguente: inglobare tutti cittadini contrari al lasciapassare verde in una cornice di cittadinanza a cui, tutto sommato, non dispiace lo squadrismo fascista. In questo contesto politico-mediatico, il neofascismo attua, all’occorrenza, un lavoro di bollinatura eversiva di qualsivoglia spinta d’opposizione.
Consultando i dialoghi della I sottocommissione dell’Assemblea Costituente, in data 19 novembre 1946, ritroviamo il confronto cardine che portò alla stesura del primo comma della XII disposizione transitoria e finale. Qui spiccano costituenti di primo calibro: Basso, Togliatti, Moro, Dossetti, La Pira. Togliatti propose l’inserimento di una formula che esplicitasse l’impossibilità di riorganizzare un partito fascista, inteso come un fatto storicamente determinato di cui si conoscono programma, azione, attività, tali da renderlo immediatamente riconoscibile a una nuova comparsa. A un appunto esposto da Dossetti, Togliatti si dimostrò disposto a modificare la proposta da «un partito fascista» a «del partito fascista». Ne seguì la formulazione di Dossetti messa al voto e approvata all’unanimità: «È proibita sotto qualsiasi forma la riorganizzazione del partito fascista». A tale testo uscito dalla I sottocommissione, verrà successivamente aggiunta, in sede progettuale, l’aggettivo «disciolto».
A chi scrive appare sostenibile un’interpretazione del primo comma della XII disposizione da intendere come finale, non transitoria, che unisca uno sguardo rivolto non solo al passato «del partito fascista», ma anche al futuro della Repubblica «sotto qualsiasi forma».
Avviandosi alla conclusione, tali presenze politiche risultano essere un fattore disturbante non in quanto pericoloso fenomeno in ascesa, ma in quanto antidoto nel e per il sistema di potere esistente, con particolare riferimento alla confusione, in senso sciovinista, di qualsivoglia pensiero incentrato sulla riconquista ed esercizio della sovranità popolare nel solco costituzionale. Un eventuale scioglimento darebbe adito a vittimismo e non attuerebbe la dispersione della funzione esercitata.
In questo quadro, meglio riprendere una riflessione di Piero Calamandrei del 1952: «[…] lo sappiamo: il fascismo, come ordinamento politico, è finito: le sue strutture esterne […] non torneranno più. «La storia – ci ammonisce Benedetto Croce – non fa in modo efficace la caricatura di sé medesima». Ma il costume sotterraneo resta: circola, fermenta, alimenta altre ruberie, incoraggia altre tracotanze, suscita altre oppressioni. E i dominatori, anche se sotto divise meno marziali (e magari, oggi, sotto vesti pie; e domani chissà sotto quali altri travestimenti) sono sempre loro e le vittime sono sempre le stesse. […] In quel ventennio c’è ancora il nostro specchio: uno specchio deformante, che dà a chi vi si guarda un aspetto mostruoso e di caricatura. […] Solo riguardando ogni tanto in quello specchio possiamo accorgerci che la guerra di liberazione, nel profondo delle coscienze, non è ancora terminata».
È vero: è una perenne guerra di liberazione delle coscienze, sia dal fascismo (vuoi storico, vuoi dissimulato nel suo costume, vuoi totalmente nuovo) che dal sistema che se ne serve per prosperare.
Simone, ventottenne sardo, ha vagato in giovanissima età per il Piemonte, per poi far ritorno nell’isola che lo richiamava. Ama scrivere su tematiche politiche ed economiche. Legge per limitare la sua ignoranza.