Taglio cesareo abusato: perché è meglio il parto naturale in assenza di problematiche
Il taglio cesareo è uno degli interventi chirurgici più praticati al mondo. Esso ha subito un’impressionante diffusione dal 1980, in cui esso rappresentava l’11,2% del totale dei parti, al 2000, in cui si è arrivati a un 33% di media nazionale. Ciò significa che 1 donna su 3 che partorisce andrà incontro a un taglio cesareo. L’Italia è di gran lunga sopra altri Paesi Europei: in Francia il tasso è 15,9% e in Spagna 17,8%. Va precisato che l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di mantenere un tasso di taglio cesareo tra il 10 e il 15%.
Ovviamente, vi sono importanti variazioni regionali: Piemonte, Veneto e Lombardia si mantengono leggermente al di sotto, tra il 20 e il 30%; al contrario, soprattutto nelle regioni del Sud, come Molise, Puglia e Sicilia, si arriva ben sopra il 40%, fino a raggiungere il picco in Campania con il 60% di tagli cesarei.
Tale tendenza andrebbe assolutamente contrastata: il taglio cesareo è estremamente efficace e, anzi, indispensabile, in precise condizioni patologiche. Tuttavia, andrebbe effettuato esclusivamente su indicazione medica per una ragione specifica. Sembra, invece, crescere sempre di più la quota di donne che fanno richiesta al proprio ginecologo di effettuare un taglio cesareo senza una reale indicazione. Le motivazioni principali che spingono le pazienti sono la paura del parto e il desiderio di proteggere il feto da traumi o complicanze. Ebbene, non è affatto così, anzi è il contrario: un travaglio e un parto naturale fanno bene al bambino, ovviamente se è sano.
È stato dimostrato che, in condizioni di normalità, lo stress del travaglio è di grande aiuto al nascituro: innanzi tutto, favorisce il completamento della maturità polmonare grazie al rilascio di surfattante (una molecola che permette al polmone di espandersi). Ciò permette di ridurre enormemente complicanze polmonari alla nascita, molto più frequenti in caso di taglio cesareo. Inoltre, quest’ultimo non è scevro da rischi: potrebbero esserci danni per il feto o per la madre, come in qualsiasi altro intervento chirurgico. Una donna che ha avuto un pregresso taglio cesareo avrà più difficoltà a partorire per via naturale in caso di una successiva gravidanza: l’incisione chirurgica lascia, infatti, una cicatrice nella parete dell’utero che aumenta il rischio di rottura dell’organo stesso in caso di gravidanza o travaglio (è consigliato infatti aspettare 2 anni prima di intraprendere una nuova gestazione). In più, tale cicatrice aumenta contestualmente il rischio di ulteriori complicanze come placenta previa o pre-eclampsia, condizioni che influiscono pesantemente su gravidanze successive.
Recentissime ricerche hanno inoltre associato tagli cesarei programmati troppo precoci a un’aumentata incidenza di autismo: sarebbe probabilmente riconducibile a una immaturità fetale, ma per ora se ne sa ancora molto poco. È estremamente importante, dunque, informare le donne in età fertile su questo argomento già prima della gravidanza, poiché è necessaria maggiore consapevolezza. Molte pazienti, perfino, vorrebbero programmare il taglio cesareo per avere un vantaggio in termini organizzativi: ovviamente, non vale la pena rischiare tutte le complicanze per questa ragione. È fondamentale che questo argomento venga affrontato più spesso e che vengano smentite alcune convinzioni non veritiere a proposito di questa pratica, soprattutto nelle aree in cui essa è più diffusa: è stato dimostrato, infatti, che se una paziente ha una storia familiare di tagli cesarei sarà molto più propensa ad accettare ma ancora di più a richiedere in prima persona l’intervento.
Sono una studentessa della facoltà di Medicina e Chirurgia di Torino.
Scrivo principalmente di argomenti scientifici, tentando di divulgare ciò che più mi appassiona.