Tecnologia e polizia: l’esempio di Dallas
Per la prima volta nella storia è stato utilizzato un robot per neutralizzare un criminale nel territorio statunitense. È successo dopo che l’ex militare Micah Johnson ha ucciso 5 poliziotti e ne ha feriti altri 8, sparando dal secondo piano di un garage a Dallas, per poi barricarsi al suo interno armato del fucile appena utilizzato e minacciando il possesso di esplosivi.
A seguito di una lunga trattiva è stato quindi deciso di usare un piccolo drone telecomandato, solitamente impiegato per disinnescare ordigni, per portare una bomba nei pressi del cecchino, morto nell’esplosione seguente. Le polizie americane sempre più frequentemente entrano in contatto con questo tipo di dispositivi, spesso donati o acquistati direttamente dalla Us Army, che ne conta in organico più di diecimila e ne ha dismessi un centinaio a seguito della riduzione del suo impegno in Afghanistan e in Iraq.
In una nota stampa del Dipartimento di Polizia si legge che tale scelta è stata fatta per non mettere in pericolo ulteriormente le vite di cittadini e, soprattutto, agenti. Ma ciò non è bastato a non far nascere la successiva polemica, con qualcuno che insinuerebbe addirittura che tale procedura non sia del tutto legale. Si discute anche di scenari apocalittici, alla Terminator, ma ciò sembra più nascere da una paura istintiva che da ponderate riflessioni. Appare infatti debole una qualsiasi distinzione etica di principio tra una operazione di questo tipo e le normali armi in dotazione alle polizie di tutto il mondo: come afferma Red Whittaker, docente di robotica alla Carnegie Mellon University, «il punto è che il robot è uno strumento. È controllato a distanza; non c’è nulla di diverso dal premere un grilletto, lanciare una granata o qualsiasi altra azione del genere». Più consistente appare invece il pericolo che questo tipo di tecnologie possono portare con sé, se proiettate in altri contesti: la Storia purtroppo insegna come l’umanità sia vulnerabile a fanatismi di ogni tipo, che spesso prevedono l’eliminazione fisica del nemico, anche se reo solamente di un pensiero differente; scenari in cui sia possibile uccidere in modo del tutto impersonale e quasi passivo non possono essere rassicuranti e potrebbero anzi favorire eccessi di tale entità. Inoltre tutti questi ragionamenti non potranno che sembrare un’inezia quando dispositivi di questo tipo raggiungeranno una qualche possibilità di agire autonomo ed ogni considerazione andrà ad amplificarsi esponenzialmente.
Per tutto ciò occorre fin da ora chiedersi come ci si vuole relazionare riguardo a questi temi, trovando soluzioni sia da un punto di vista etico che giuridico, possibilmente prima che la situazione sia a uno stato già avanzato o, peggio, fuori controllo.