La tecnologia diventa vita per l’uomo
siste ancora oggi un dibattito che in maniera quasi discreta emerge di rado ma che sempre attanaglia tutti noi.
Le macchine ci supereranno un giorno? Ci sarà mai l’era dei cyborg?
La discussione sembra distante e secondaria, ma la questione è più attuale di quello che si potrebbe immaginare: basta pensare alle parole di Bill Gates che ha lanciato l’idea di tassare tutti quei robot che svolgono le stesse funzioni di un essere umano all’interno di un’azienda, consapevole del fatto che le macchine stanno prendendo sempre più piede nella nostra vita.
Inoltre il dibattito è uno dei più vecchi al mondo se si pensa a come l’uomo abbia sempre riflettuto su come le macchine e la tecnologia avrebbero modificato la nostra vita un giorno.
In Frankenstein, per esempio, Mary Shelly evidenzia come la tecnologia nelle mani sbagliate può dare vita a creazioni aberranti che possono con il tempo minacciare la sopravvivenza degli uomini. Dunque si nota come già allora si discuteva di cosa sarebbe successo se l’uomo avesse sfidato le regole della natura e avesse perfino cercato di surclassare la morte, portando a galla il dubbio esistenziale di cosa sarebbe successo se l’uomo avesse usato in maniera errata e distorta la scienza.
Ma noi come usiamo la tecnologia?
Uno dei primi documentari a porsi la questione in modo serio e a sviscerarla passo dopo passo è stato nel 2015 Breakthrough, prodotto dalla National Geographic e condotto dall’attore Paul Giamatti.
La prima innovazione emersa in questi anni e la più sorprendente nel campo pratico è l’esoscheletro, ovvero una sorta di scheletro aggiuntivo esterno in grado di amplificare enormemente le capacità fisiche umane di chi lo indossa trasformandosi alla fine in una muscolatura artificiale aggiuntiva.
La prima applicazione si è verificata in Georgia, nel Guardian Centre di Perry, una struttura dove vengono addestrati i soccorritori che operano i salvataggi in caso di terremoti, incidenti ferroviari o altre catastrofi analoghe. Questi esoscheletri fungono da armatura esterna che ha la funzione di potenziare e modulare la forza, in modo da permettere a chi ha poco tempo per prestare soccorso di riuscire con un minimo sforzo a maneggiare attrezzi molto pesanti o a piegare pezzi di lamiera con la stessa facilità con cui si taglia un pezzo di burro. Inoltre la bellezza di questo esoscheletro è che può adattarsi a qualsiasi antropometria come un guanto, ovvero può essere utilizzabile da ognuno di noi perché si adatta a tutte le corporature possibili.
Ma la ricerca non si ferma di certo qui e questa tecnologia può essere utilizzata in applicazioni ben più grandi, per esempio come ausilio per permettere alle persone paraplegiche di camminare.
Il merito di questa scoperta va a Miguel Nicolelis, neuroscienziato di San Paolo, che è riuscito in anni di studi a creare un esoscheletro in grado di collegarsi con la mente del paziente e a tradurre i suoi impulsi neuronali in movimento e a permettere al paraplegico di camminare.
Lo scienziato per raggiungere questi risultati ha svolto molti studi con un macaco di nome Aurora. La scimmia doveva muovere un joystick che spostava un puntatore sullo schermo di un computer cercando di posizionare il cursore in un punto preciso, se vi riusciva all’animale veniva data una goccia di succo di frutta.
Mentre Aurora svolgeva questo esercizio gli scienziati mappavano l’attività cerebrale in 2D e in 3D e leggendo tali segnali gli esperti si sono successivamente accorti che potevano facilmente elaborare questi impulsi elettrici e tradurli in formato digitale per poi inviarli a un braccio meccanico situato in un altro luogo, che riusciva a riprodurre esattamente gli stessi movimenti del macaco.
In un secondo tempo gli scienziati hanno sottoposto nuovamente la scimmia all’esercizio ma hanno tolto il joystick ad Aurora costringendola a usare la mente per muovere il puntatore, ed è stato proprio in quel momento che la squadra di Nicolelis si è accorta che si era in grado di creare un interfaccia macchina-cervello.
Un gruppo di 150 collaboratori, tra ingegneri e medici, è riuscito a creare un esoscheletro che può essere azionato e governato grazie ad una calotta per l’Eeg, ovvero hanno dato vita ad una vera e propria macchina che può essere azionata solo con la forza del pensiero.
Purtroppo i pazienti che hanno perso l’uso delle gambe hanno anche perso il ricordo delle stesse e di come il corpo le muove. Per questo motivo per ripristinare questa sensazione Soleman Shakur, uno dei ricercatori, ha dato vita a un simulatore, formato da tre vibratori e un avatar, in grado di far rimembrare ai pazienti non solo l’idea delle proprie gambe ma anche reinsegnare loro a camminare con la mente.
Allora è proprio in questo momento che la macchina diventa parte integrante dell’uomo e una vera e propria estensione del corpo umano. Ma non è forse la stessa cosa che accade quando ognuno di noi si muove con la bici e diventa un’unica macchina formata da corpo umano, telaio, ruote e pedali?
Ma non è l’unico caso in cui la scienza aiuta a superare le difficoltà dell’uomo. Il documentario presenta la scoperta di David Eagleman, neuroscienziato del Baylor College of Medicine di Huston in Texas, che da anni studia la flessibilità del cervello e che ha creato un giubbotto in grado di far sentire i non udenti.
Lo scienziato ha inventato la Teoria di Mr.Potato, ovvero secondo il ricercatore, il cervello è talmente elastico che è in grado di gestire i flussi celebrali che lo raggiungono riuscendo a coordinare e mettere in pratica tutto ciò che vogliamo fargli fare.
Da questa teoria nasce Vest, Trasduttore Versatile Extrasensoriale, ovvero un giubbotto formato da sensori e 40 piccoli motori che vibrano secondo schemi predefiniti, che indossato sotto i vestiti è in grado di tradurre le informazioni che gli vengono inviate da un telefono, attraverso la tecnologia Bluetooth, in vibrazioni, che vengono a loro volta modulate dal giubbotto in base al tipo e all’altezza del suono percepito dai sensori. Queste vibrazioni possono poi essere percepite da chi è sordo che può usarle per sentire ciò che gli viene comunicato dall’esterno.
Queste tecnologie dimostrano come l’uomo sia sempre alla ricerca di miglioramenti e provano che ormai l’innovazione ci insegue e che l’essere umano si sta sempre più fondendo con la tecnologia. Del resto già nell’era dei tempi la razza umana ha sempre cercato di usare la propria creatività per migliorare la propria vita, e di questo sono testimoni invenzioni che partono da distante come la ruota e le ciotole in ceramica fino ad arrivare alla creazione del motore a scoppio.
La ricerca sta studiando sempre più il nostro cervello cercando di capire come le informazioni vengono elaborate e messe in pratica.
Un esperimento molto importante che porta ad una svolta in questo campo è quello di Henrik Ehrsson, neuroscienziato di Stoccolma, che ha creato due prove in cui esplora la connessione tra il nostro corpo e l’esterno e come viene percepita dal nostro cervello.
Il suo obiettivo è studiare la percezione che il nostro corpo ha di esoscheletri e protesi.
La prima prova, svolta nel documentario da Paul Giamatti, è chiamata l’esperimento della mano di gomma e consiste nel nascondere la mano sotto ad una struttura oscurata dove sopra giace una mano artificiale di gomma. L’assistente procede dapprima sfiorando l’indice della mano dell’attore in simultanea con l’indice della mano artificiale posta davanti ai suoi occhi, poi in secondo luogo il dito appartenente alla mano reale viene collegato a quella di gomma, facendo sì che questa si muova sopra in simultanea con l’arto umano.
Quello che si verifica è che i sensi umani si confondono facendo credere a Giamatti che la propria mano sia quella di gomma. Ciò accade perché il cervello, perdendo di vista la vera mano, che era stata nascosta, unisce l’informazione tattile con quella visiva e questo ci fa capire come i nostri neuroni riescano a elaborare le nuove informazioni e i nuovi stimoli in maniera istantanea e di come può cambiare rapidamente la concezione che noi abbiamo del nostro corpo.
Tutto questo ci porta a riflettere: la tecnologia sta migliorando o peggiorando il nostro mondo? E che succederebbe se cadesse nelle mani sbagliate?
Purtroppo queste sono domande a cui non troveremo mai risposta ma ciò che è certo è che l’uomo sta crescendo assieme alla scienza, che può essere vista come un’applicazione della mente umana e come un’estensione della nostra creatività. Del resto innovazioni come internet non ci hanno già resi forse oltre-umani? La nostra dipendenza dai cellulari e da tutti quegli strumenti senza i quali non saremmo più in grado di vivere non hanno già modificato il nostro «essere umani»?
Laureata all’Università di Padova Ingegneria Chimica e dei Materiali e laureata magistrale in Ingegneria Chimica (Susteinable Technologies and Biotechnologies for Energy and Materials) presso l’Almamater Studiorum Università di Bologna.
Scrivo per La Voce che Stecca dal 16 luglio 2015 e su queste pagine mi occupo di cultura, musica e sport, ma soprattutto di scienza, la mia passione.