Terrorismo. La domanda: e i nostri ventenni?
«Perché a vent’anni è tutto ancora intero, perché a vent’anni è tutto “Chi lo sa”. A vent’anni si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell’età». (Eskimo, Francesco Guccini)
Una domanda mi tormenta da giorni: che effetto avrà sui giovani l’ondata di odio dopo le stragi di Parigi?
Non mi si venga a dire che oltre agli attentati francesi ci sono anche quelli in Siria, quello sull’aereo russo e così via, e che è ipocrita indignarsi soltanto per quelli più vicini a noi. Sarà anche ipocrita, ma è umano – soprattutto per chi, come me, ha avuto la fortuna di non vivere la guerra se non in tv o nei libri di storia – avere paura quando il confine fra il vissuto e il visto non è più così nitido ed è la nostra tranquilla vita quotidiana a pagarne le conseguenze.
A vent’anni, lo dico fingendo un minimo di distacco che ovviamente non può esserci, la vita è fatta di domani: farò, sarò, vivrò; quale effetto deleterio può avere sulla «generazione-futuro» un fenomeno che è antitetico a ogni progetto o riferimento al futuro stesso?
Immagine di Flavio Kampah Campagna
Giornalista professionista e fotografo. Ho pubblicato vari libri tra storia, inchiesta giornalistica e fotografia
Sono parzialmente d’accordo ma non posso fare a meno di ricordare la nostra indignazione di ventenni per la lontanissima guerra nel Vietnam, al tempo dei tg, non di internet! Se ci informano e vogliamo informarci, tutte le vittime di terrorismo sono vicine e ci riguardano. La verità forse sta nel fatto che ci identifichiamo con la paura francese ma non riusciamo ad essere abbastanza empatici con gente che razzisticamente riteniamo destinati alla tragedia.