Testimonianza dall’Algeria: «La quarantena in uno stato militare ancora sotto la Francia»
Adel è un uomo di 31 anni e vive in Algeria, nella Capitale.
Nel suo Paese la quarantena è organizzata in modo similare a quella vissuta dagli indiani: «Possiamo metter piede fuori da casa solo dalle 6 alle 15. I negozi aprono alle ore 7. Lavorano solo commercianti, medici, farmacisti, forze dell’ordine e soldati». La sanzione per chi viene colto in giro al di là dell’orario consentito è la reclusione fino a tre mesi. Cogliamo, purtroppo, anche un’altra analogia con l’India: «La polizia usa violenza su chi trova in giro dopo le 3 del pomeriggio. Sono stati caricati molti video in rete che documentano questi fatti». Adel, però, tiene a precisare che solo una minoranza infrange i divieti, mentre buona parte degli algerini si confina dentro le mura domestiche appena scoccano le 15: «Non si vede neanche un gatto in strada», scherza.
Com’è facile immaginare, anche le condizioni del sistema sanitario possono rispecchiarsi in quelle riscontrate in India: «L’Algeria non ha dei grandi ospedali per curare tutti i malati. Siamo dotati di appena circa 400 posti in rianimazione per una popolazione di più 40 milioni di abitanti. Vi è grande paura per questo. Adesso si registrano solo 1666 casi, ma, se le cose dovessero peggiorare, sarebbe una strage». Ci racconta poi che chi presenta sintomi di Covid-19 viene sottoposto a un tampone che ha esito dopo tre giorni. I positivi, ora che ancora sono disponibili posti in ospedale, vengono tutti ricoverati; tuttavia, l’uomo sottolinea che i letti sono molto limitati e potrebbero presto esaurirsi.
Concentriamoci ora sulle conseguenze economiche di questa quarantena , durante la quale, ben sappiamo, milioni di persone si ritrovano senza un reddito da lavoro. Così, domandiamo ad Adel se lo Stato algerino si sta occupando di coloro a cui non è concesso di svolgere la propria attività lavorativa. Ci risponde amareggiato: «Il nostro Stato va contro l’interesse del popolo. Ci riempie solo di false promesse». Il nostro intervistato vive sulla sua pelle l’abbandono delle istituzioni in questo periodo così complicato: «Io sono un artista, un mago. Al momento, naturalmente, ogni esibizione è vietata. Quindi, io non ho soldi per provvedere a me stesso e alla mia famiglia. Mi rimane giusto qualche moneta in tasca».
Abbiamo, allora, voluto approfondire la questione politica, per analizzare le responsabilità di quanto sta capitando a lui e ai suoi connazionali: «Il problema qui non è il partito che siede al Governo ora. No. Non è il presidente. Sono i militari. Dietro lo Stato civile si celano i soldati. Noi vogliamo uno Stato civile, non una gestione militare come quella attuale». Chiediamo quindi se la Francia, che aveva imposto il suo dominio sull’Algeria, c’entri ancora qualcosa in tutto ciò: «Sì, la colonizzazione non è mai davvero terminata. Prima si trattava di una colonizzazione mantenuta attraverso l’esercito, le armi, le uccisioni. Ora tutto questo è finito. Adesso è una colonizzazione attraverso l’economia, mediante una gestione indiretta».
Classe 1995, laureata in giurisprudenza.
Il diritto e la politica sono il mio pane quotidiano, la mia croce e delizia.
Vi rassicuro: le frasi fatte solo nelle informazioni biografiche.