Tomaso Montanari alla Voce: “Prevedo inciucio Pd-Forza Italia”
Tomaso Montanari, Professore di Storia dell’Arte Moderna presso l’università di Napoli ha ricevuto l’onorificenza di Commendatore per il suo impegno a difesa del nostro Patrimonio ed è stato membro della Commissione per la riforma del Ministero per i Beni Culturali nel 2013. Ultimamente si è distinto per essere uno dei principali promotori del Comitato del No al Referendum Costituzionale e per aver cercato di rimettere in piedi la sinistra con un movimento partito dal basso. Oggi ci racconta di quest’ultima avventura e della sua idea di sinistra.
È noto che avete annullato la riunione al Brancaccio che sarebbe dovuta svolgersi sabato scorso, 18 novembre. Ora che le sinistre hanno detto no all’alleanza con il PD, escludete di ripensare a una possibile alleanza con Bersani e gli altri soggetti della coalizione?
Non era solo un problema di posizionamento politico, su cui sinceramente sembrava che le idee fossero più chiare e convergenti. Il problema è che il Brancaccio era pensato come qualcosa di completamente nuovo nel panorama politico italiano. Un processo che non doveva essere un insieme, una somma di partiti diversi, ma un’idea che doveva coinvolgere tutta la sinistra fuori dai partiti, compresi i cittadini comuni. Insomma, qualcosa di diverso e completamente nuovo. Questo non è stato possibile perché i partiti hanno preferito fare l’alleanza tra di loro, escludendo dalla loro vista qualsiasi altro orizzonte. Un’altra cosa rispetto a quanto pensato all’inizio.
L’entusiasmo che si era creato a giugno, quando era iniziata l’avventura del Brancaccio, non è stato un po’ azzardato vedendo la pluralità delle formazioni politiche già esistenti a sinistra?
Già dai discorsi che abbiamo fatto all’inizio del confronto era chiaro che sarebbe stato un percorso molto stretto, anche perché molti di noi erano già quasi rassegnati a non andare a votare. Tuttavia avevamo capito che in qualche modo ci si doveva trovare per provare un dialogo. In realtà il cammino che abbiamo fatto ha svelato che, nella base, c’è un grande desiderio di qualcosa di nuovo. L’arrivo di MDP, e il processo che si è innescato dopo, ha provocato un cambio di gioco radicale, il non essere più qualcosa di nuovo ma la somma di diversi partiti.
Quindi, vista la situazione, la prossima legislatura lei e l’avv. Anna Falcone farete pressioni sui temi dall’esterno del Parlamento?
Vedremo, lo decideremo. Certamente molti di noi non voteranno ed è una sconfitta per tutti. Non è questa sinistra che può ribaltare il tavolo delle disuguaglianze e cambiare il volto del Paese.
Secondo lei quale potrebbe essere lo scenario dopo le elezioni, soprattutto con la nuova legge elettorale?
C’è una possibilità molto alta che succeda come nel 2013, con PD e Forza Italia che si uniscono per governare anche se si presentano con coalizioni diverse.
Lei ha nominato più volte Corbyn, in diverse situazioni. Cosa le piace della sua persona e dei temi che porta avanti?
Mi piace la credibilità, perché si è opposto sempre, nettamente e con forza alle politiche di Tony Blair e alla deriva neoliberista dei Labour. Mi piace il suo radicalismo, il dire che tutto va cambiato e non basta aggiustare qualcosa timidamente. C’è un’aspirazione a cambiare strada in modo radicale, e questa aspirazione è resa credibile da una coerenza personale.
Dopo l’annullamento del Brancaccio, lei e Anna Falcone avete creato un soggetto politico che si chiama «Democrazia e Uguaglianza». Si può dire che sia l’istituzionalizzazione dell’associazione «Libertà e Giustizia», di cui lei è Presidente e che vanta Zagrebelsky come Presidente Onorario?
«Democrazia e uguaglianza» non è esattamente un soggetto politico, perché non c’è un’idea di fare una lista per le politiche. È più un’associazione creata per continuare a incontrare chi crede nella rifondazione di una sinistra dal basso, da parte di semplici cittadini. È un’idea, un progetto ancora da definire del tutto, che però non è collegato con «Libertà e Giustizia» che ha seguito e segue un altro percorso.
Nato a Padova il 15 giugno 1994.
Diplomato in ragioneria, attualmente iscritto alla triennale di Ingegneria dell’Energia nella mia città.
Sono una persona curiosa in molti i campi, dalle nuove tecnologie, in particolare quelle che riguardano l’ambiente, alla politica, passando per lo sport.
“Molti di noi non andranno a votare” secondo me questo è un atto d’accusa nei riguardi della costituzione, significa cioè che aver diviso la Costituzione in due parti quella dei principi intoccabile (e in definitiva mai realizzabile) e quella operativa alla quale è possibile dedicarsi non per realizzare i principi ma per soddisfare le necessità della società man mano che si presentano, ha permesso di far eludere il progetto iniziale lasciando campo libero all’impegno sfrenato per emergere più tosto che al pragmatismo mirante alla costruzione della società veramente solidale. Ai due livelli della costituzione corrispondono per conseguenza logica i livelli di appartenenza: tutti formalmente sono cittadini dello Stato ma il livello di cittadinanza è in realtà corrispondente al potere che ciascuno è riuscito a conquistarsi. Chi appartiene ai livelli più alti si ritrova a godere al massimo dei diritti; quando man mano consideriamo cittadini con un potere inferiore lo stesso scende nella classifica e si ritrova con meno diritti fino a chi non avendo nessun potere non può godere di alcun diritto. La società e perciò la costituzione che ne dovrebbe fornire la linea progettuale non può disinteressarsi dell’organizzazione pragmatica della distribuzione del potere a tutti cittadini.
Tutte le strade portano a Roma e in modo del tutto simile tutte le incoerenze della vita nelle società umane si possono facilmente far risalire a un errore fondamentale e cioè aver reso equivalenti i due concetti di economia e di commercio, anzi per essere più precisi l’economia ha perduto completamente il proprio significato originale acquisendo pienamente il significato di commercio.
Quando mettiamo a confronto le prestazioni di due macchine che eseguono lo stesso lavoro, la fisica ci insegna che dobbiamo mettere a confronto i due rendimenti energetici.
A voler essere precisi dovremmo fare i calcoli energetici comprendendo tutta l’energia spesa sia per quanto riguarda la costruzione delle due macchine che per il loro funzionamento (calcolando anche il beneficio dei beni prodotti da ciascuna come risposta alle necessità espresse dalla società e l’impegno energetico che, eseguendo le opportune manutenzioni garantisce il buon funzionamento). Il procedimento si complica naturalmente quando prendiamo in considerazione forme di energia diverse per le quali entra in gioco il fattore di disponibilità. Questi criteri di valutazione si avvicinano moltissimo all’economia primitiva dove tutto veniva calcolato tenendo conto dell’energia muscolare delle parti in giuoco.
Quando invece mettiamo a confronto le prestazioni di due macchine secondo il criterio economico vigente che è quello economico commerciale, tutte le attività che si riferiscono alla presa in carico e al funzionamento delle due macchine si fanno corrispondere ai costi relativi di modo che le stesse acquisiscono ciascuna un proprio valore commerciale, cioè possono trasformarsi in denaro.
Il denaro ottenibile ha la sua funzione sociale di poter essere usato in altre attività che niente hanno da fare con le macchine che l’hanno generato e con la produzione a cui le stesse sono preposte. La funzione sociale del denaro che consegue da una società umana sospinta in modo anomalo dai poteri costituiti indirizza la produzione dei beni e delle attività secondo il criterio dell’accumulo di denaro che non corrisponde assolutamente al vivere bene degli individui.
Anche l’attività rivolta ai beni culturali subisce lo stesso danno.
Proprio perché sono molto d’accordo sulla necessità di esprimere lo spirito critico mi sembra necessario sconfiggere la litania delle promesse che anche quando vengono mantenute si concludono con il risultato di spegnere proprio quello spirito critico la cui diffusione e crescita sarebbe veramente utile per ottenere la spinta verso la buona evoluzione della società. Quale promessa può sconfiggere le mirabolanti promesse di chi vuole mantenere il potere a tutti i costi? La modalità di fare promesse delle forze politiche è tutta impostata secondo il criterio conformista che più facilmente acquisisce consenso nel sistema vigente; quella, cioè di promettere di far confluire molto denaro nelle situazioni che coinvolgono più cittadini. In questo modo non si nutre lo spirito critico si nutre la pancia e si prendono indigestioni. Allora facciamo l’analisi di questi mal di pancia e facciamo promesse diverse. Ce ne sono di questi alcuni che coinvolgono tutti i cittadini in modo veramente molto diffuso e chi non ne è coinvolto direttamente ne sente l’incubo del progredire implacabile che potrebbe facilmente coinvolgerlo. Il mal di pancia al quale faccio riferimento è quello del degrado dell’ambiente in cui viviamo. Attualmente esiste perciò una promessa valida che riguarda tutte le persone viventi in Italia far fronte non ad un pericolo ma ad uno stato di necessità improrogabile che investe ogni cittadino che sia ricco o povero: salvare sé stesso e le persone che gli sono più care dalle malattie e dalla morte, conseguenza degli inquinamenti dell’aria, dell’acqua del cibo, ecc.. Questo significa esprimere un piano per recuperare lo stato salubre dell’ambiente e chiedere perciò il sacrificio di tutti eliminando tutte le pastoie burocratiche del denaro. Non c’è prezzo troppo alto per realizzare il salvataggio della vita e oltretutto farlo mi sembra essere in pieno accordo con la costituzione. Chi mi dice che questo non si può fare perché è contrario alla propria libertà di guadagnare di più che gli ha dato la spinta decisiva al suo progresso (e alla propria possibilità di fare la carità) lo metterei a confronto con i genitori di tanti bambini malati per i quali l’unica possibilità di uscire dallo stato di sofferenza è la morte.