G8 e tortura: in Europa bocciano il ddl italiano
La Corte europea dei diritti dell’uomo con sede a Strasburgo ha stabilito che le leggi italiane sono inadeguate a punire gli atti di tortura commessi dalle forze dell’ordine. Questa ulteriore condanna all’Italia si riferisce alle violenze commesse a danno dei manifestanti del G8 di Genova, durante la notte a cavallo tra il 20 e il 21 luglio 2001, alla scuola Diaz.
Il Consiglio d’Europa, inoltre, invita espressamente la Camera dei Deputati ad apportare modifiche sostanziali alla legge sulla tortura che dovrebbe essere discussa il prossimo lunedì in aula a Montecitorio. Secondo Nils Miuznieks, commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa, l’attuale legge sul reato di tortura in Italia contiene diversi elementi in disaccordo con quanto prescritto dagli standard internazionali, a cominciare proprio dalla definizione stessa di tortura. Infatti, l’attuale legge italiana prevede che possa essere condannato per reato di tortura solo chi «abbia compiuto gli atti di grave violenza, o minacce o crudeltà diverse volte, o abbia sottoposto la vittima a trattamenti inumani e degradanti». Il commissario Miuznieks manifesta la propria preoccupazione in merito alla possibilità che la legge venga approvata così com’è, in quanto ciò comporterebbe l’impossibilità di punire certi casi di tortura o trattamenti o punizioni degradanti o inumani.
Ricordiamo che il primo ricorso alla Corte europea dei diritti umani relativo ai fatti di Genova, è stato presentato da Arnaldo Cestaro, manifestante veneto che all’epoca dei fatti aveva 62 anni. L’uomo, durante l’irruzione della polizia nella sede della scuola Diaz, venne pestato mentre dormiva subendo la rottura di un braccio, una gamba e dieci costole. Al ricorso di Cestaro se ne sono aggiunti poi altri, in particolare in relazione a quanto accaduto nella caserma di Bolzaneto sui quali i giudici di Strasburgo devono ancora deliberare.
Oltre alle vittime del G8, a contestare fortemente l’attuale testo della legge sulla tortura vi sono diverse associazioni come Amnesty international e Antigone e anche Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, il ragazzo romano morto nel 2009 mentre era in stato di arresto per detenzione di sostanze stupefacenti.