Totalitarismo liberale: la repressione silente dei dissidenti
È notizia di pochi giorni fa la sospensione per alcune ore del canale Youtube di Radio Radio, la quale si caratterizza molte volte per l’espressione di una concezione differente del mondo liberale. Nelle ore successive il canale è stato ripristinato, probabilmente per le forti proteste che ha suscitato questa silenziosa, ma brutale censura che le grandi piattaforme del web hanno scelto di indirizzare verso le voci dissidenti dal mainstream.
Nel corso del ‘900 fecero la loro ascesa quei movimenti totalitari a difesa del sistema capitalistico, il quale aveva paura di un progressivo aumento dei diritti dei lavoratori o addirittura di una possibile rivoluzione volto a ribaltare il sistema. Il loro modus operandi era la repressione violenta di ogni sorta di dissenso al governo. Questi regimi, infatti, sono tristemente noti per la violenza insita nei metodi coercitivi, come l’arresto arbitrario, per qualsiasi sospetto di una presunta volontà di ribellarsi al sistema. I canali televisivi mainstream occidentali hanno sempre cercato di occultare le vergognose violazioni dei diritti umani che i regimi liberali e totalitari(le due espressioni non sono in contrasto), come ad esempio il Cile di Pinochet, hanno commesso pudore nei confronti dei loro popoli. Questo come ennesima conferma di come il liberalismo, non disdegni la violenza, ove possibile per il mantenimento del potere della classe dominante.
Oggi, il principio è rimasto invariato, sono solamente cambiati i metodi repressivi. Invece di usare la forza bruta, per stroncare il dissenso, si sceglie dapprima di negare sofisticamente qualsiasi visibilità ai dissidenti e in maniera più tradizionale si spengono le voci discordanti. È una forma repressiva, molto più perniciosa e sottile, che agisce non in maniera plateale, ma subdola e invisibile.
Il regime liberale, in cui ci hanno riportato una classe dirigente traditrice o completamente ignorante dei più basilari principi costituzionali, non rifugge alla violenza, ma è la spettacolarizzazione della violenza bruta, soprattutto se commessa da persone povere, che respinge ipocritamente.
Un altro esempio è la critica feroce degli atteggiamenti violenti in America di qualche manifestante per la morte di George Floyd in America, ma la stessa veemenza non è stata fatta nei confronti della polizia che bastona, carica con le proprie auto e commette violenze di qualsiasi genere nei confronti dei manifestanti. Come sempre, lo scandalo si genera sempre e solo se il soggetto dell’azione disdicevole è indigente. Questo metodo è profondamente classista e volto a mascherare qualsiasi conflitto che possa minare la tenuta del sistema liberale.
Ritornando alla vergognosa repressione della libertà di pensiero che è stata intentata da Youtube nei confronti di Radio Radio, molti potrebbero obiettare, mettendo in evidenza il fatto che suddetta piattaforma sia privata e che per tale motivo essa possa decidere in autonomia quali regole coloro che sottoscrivono un contratto con essa devono rispettare. A tale proposito si dimenticano due fattori determinanti sanciti dalla Costituzione.
Partiamo da un principio basilare della nostra Carta fondamentale. Art. 21: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure». Questo significa che nessuno può impedire a qualcuno l’esercizio di un diritto costituzionalmente tutelato. Perci, le multinazionali che lavorano in Italia devono adeguarsi al dettato costituzionale.
Ma veniamo all’art. 41 della Cost. che, secondo il parere di chi scrive, evidenzia una violazione della multinazionale inquestione, Youtube, molto più grave e molto più subdola: «L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana».
YouTube, censurando un canale soltanto per il fatto di non condividere i contenuti che lì vengono espressi, viola il suddetto articolo e rende completamente illegittima la sua iniziativa privata. La tutela della libera iniziativa privata nel nostro ordinamento, infatti, è subordinata alla funzione sociale che tale attività è chiamata a svolgere e non prescinde da essa. Ormai, data la profonda svolta liberale che dagli anni ’70 in avanti la classe dirigente ha impresso al Paese, questo principio è sempre più dimenticato, creando uno Stato che lascia al grande capitale fare i propri interessi senza alcun indirizzo di sorta, portando pochi gruppi a detenere grosse fette di mercato, non occupandosi dell’utilità sociale dell’attività economica.
Per avere una vera democrazia e realizzare ciò che è sancito dalla Costituzione, avremo bisogno che le grandi piattaforme sulle quali si possono esprimere la propria opinione, siano soggette ai principi su cui si fonda la Repubblica e che ci sia la possibilità di sanzioni gravi una volta che queste compiano gravi violazioni delle libertà costituzionali.