L’italia del terrorismo: destra e sinistra
Miguel Gotor è un politico, docente, saggista e storico italiano che nel 2008 ha vinto il Premio Viareggio per la saggistica con il suo libro Lettere dalla prigionia, dedicato agli scritti che Aldo Moro produsse durante il sequestro a opera delle Brigate Rosse. A proposito di questo periodo storico lo scorso 14 marzo il professore ha sostenuto un intervento presso il corso di Scienze politiche, relazioni internazionali e diritti umani dell’Università di Padova.
Un intervento «bollente», che ha chiarito e specificato cosa avvenne negli anni ’70 in Italia, anni caratterizzati da una forte violenza politica e da forme di terrorismo di estrema destra e di estrema sinistra, che hanno stretto la giovane democrazia italiana, tentando e rischiando di spezzarla.
Il terrorismo neofascista fu prevalentemente stragista e agì nel paese dal 1969 al 1974, funzionando come una sorta di braccio armato della strategia della tensione. «Il neofascismo italiano era come una nebulosa», spiega il professore, «che godeva di potenti entrature nei servizi segreti nazionali italiani ed esteri e intrecciava la sua azione con la mafia». L’azione dei gruppi armati di estrema destra aveva una funzione destabilizzatrice del sistema democratico italiano, e vide la sua prima realizzazione nel dicembre del 1969 con la strage di piazza Fontana a Milano; la catena di eventi così avviata toccò il culmine nel 1974 quando nel corso di una manifestazione sindacale contro le stragi neofasciste esplose una bomba nella piazza della Loggia di Brescia.
L’obiettivo originario dell’azione stragista era ricattare il sistema politico italiano, per preparare un clima di paura e instabilità in grado di favorire un colpo di stato militare neofascista sull’esempio dell’azione dei colonnelli in Grecia e dei vari colpi di stato che si susseguivano in Sudamerica, in particolare il golpe di Pinochet in Cile. «In seguito però gli ispiratori occulti della strategia della tensione, presenti trasversalmente nel ceto politico, nel mondo dell’informazione, nelle forze armate e nei servizi segreti, decidono di adottare una tattica più spregiudicata e di utilizzare lo stragismo in senso centrista»; questo significa che l’obiettivo non era più quello di provocare una destabilizzazione funzionale a causare un golpe militare, ma piuttosto si ritenne dal 1972 di poter utilizzare lo stragismo per provocare una stabilizzazione centrista nella politica italiana, mantenendo lo status quo, e spaventare gli elettori moderati, arginando l’avanzata del Partito Comunista Italiano (PCI) e le forze progressiste del paese.
Per un obiettivo simile anche l’azione del terrorismo di estrema sinistra poteva rivelarsi utile. Questo tipo di terrorismo iniziò a uccidere dopo la cesura stragista di estrema destra del 1974, non fu inizialmente contrastato adeguatamente e in alcuni casi venne colpevolmente sottovalutato dagli apparati repressivi dello Stato. Dal 1975 si cominciarono a tollerare le multiformi manifestazioni del partito armato, attraverso il non intervento e il non controllo, funzionali a ottenere i frutti politici di una stabilizzazione moderata del sistema politico italiano. È durante un’indagine che il capo dei servizi segreti italiani afferma che da quel momento in poi non si sentirà più parlare del terrorismo nero, ma emergeranno solo gli avvenimenti del terrorismo rosso. La violenza di sinistra subisce infatti un’impennata tra il ’76 e il ’77, fino a diventare prevalente su quella nera, per numero, quantità e qualità degli attentati. Da questo momento centinaia di omicidi mirati contro uomini politici, magistrati, giornalisti, industriali da parte della sinistra insanguinarono l’Italia con la pratica della gambizzazione. L’obiettivo di queste azioni terroristiche era quello di organizzare la rivoluzione contro il SIM (Stato Imperialistico delle Multinazionali) e per questo le BR trovarono terreno fertile per lo sviluppo della loro ideologia nei movimenti operai (come «Autonomia operaia») e in quelli extraparlamentari (come «Lotta continua»).
Furono dunque anni di terrore e violenza per il paese, imputabili a gruppi e politiche differenti, che culminarono nel 1980 con 125 vittime, ma gli anni di piombo stavano terminando e iniziava la controffensiva capitalistica, lasciando che l’Italia stremata e insanguinata zoppicasse verso un presunto progresso costituzionale-parlamentare.
Anna Toniolo
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