Tre motivi per cui non torno a vivere in Italia
Sono passati quasi due anni dalla mia ultima visita al Bel Paese. Ci sono alcune cose che mi mancano, chiaramente, del mio luogo natale: affetti familiari, buon cibo fresco e l’essere costantemente circondata da arte meravigliosa. Tuttavia, non riesco ad immaginare un mio ritorno definitivo.
Sono nata e cresciuta nella campagna alto-vicentina, un connubio inquietante di industrializzazione e ossessione per la preservazione di tradizioni locali. Nel raggio di un chilometro dalla mia cameretta trovavo tombe romane, fabbriche gigantesche e cappelle barocche immerse nei campi di granturco. Tutto ciò che mi circondava ripeteva un monito in sordina, incessante, alienante. Il mio concetto di bellezza, quindi, si sviluppò al passato poiché solo nei reperti del passato, le cose perdute e immutabili, riuscivo a intravederla. Per lungo tempo, ho ritenuto degna di apprezzamento solo musica classica, poesia latina, chiese rinascimentali, acquedotti fatiscenti e letteratura di epoche perdute. Bellezza per me era inscindibile da nostalgia.
L’allontanarmi dall’Italia mi ha fatto realizzare quanta speranza ci sia invece nel futuro. Cambiare, abbandonare le tradizioni, uscire dalla routine, rompere il ciclo: non c´è connotazione negativa in nessuna di queste espressioni. Diverse, queste nuove arti, si mostrano intangibili, eteree e altrettanto belle: edifici in vetro e alluminio, la distanza fra uomo e computer che si assottiglia, il miracolo dell’Internet e i social media, animazione e realtà virtuali. Sorprende quante nuove forme di espressione ci aspettino non appena volgiamo lo sguardo dal passato al futuro, asciugandoci le lacrime. Perciò, non tornerò a vivere in un paese che fatica ad aprire le braccia al futuro.
Il secondo aspetto che mi tiene lontana dalla mia patria è l’inglese, il mio linguaggio vettore, idioma bellissimo in cui strutturo i miei pensieri ogni giorno e secondo il quale sto foggiando la mia personalità. Con l’abitudine, ho imparato a riconoscere e apprezzare la me stessa “in Inglese” molto più della me stessa che pensa e si esprime in Italiano.Con questo non voglio assolutamente dire che non apprezzo letteratura o grammatica Italiana, da sempre mie grande passioni. La lingua di cui parlo è quell’Italiano misto di influenze dialettali ed espressioni volgari che mi trascinano indietro alla diciassettenne frustrata (ma ottimista) che ha lasciato il Bel Paese alle proprie spalle. Appena torno a pensare in Italiano ricomincio istantaneamente a inserire sprazzi di odio verbale nei miei pensieri: invettive, bestemmie, mortificazioni. È, ahimè, un processo inconscio sul quale possiedo un controllo limitato. Tornare a vivere immersa nel discorso italico, personalmente, non mi attira affatto. Certo, inglese e svedese non sono privi di imprecazioni, tuttavia si esprimono diversamente e meno di frequente rispetto al modello Italiano. In più, il frequente rimbalzo da una lingua all’altra mantiene la forma mentis mutevole e aperta a cambiamenti, privilegio di cui non godevo in Italia poiché madrelingua. Dunque, non tornerò a vivere in un paese dove parole d’odio sono espresse quotidianamente e si rifiuta il bilinguismo.
Infine, il mio principio fondamentale è che ognuno abbia gli stessi diritti e dignità in quanto persona umana. Non accetto discriminazioni di genere, fede, orientamento sessuale, etnia, status o età. In Italia vedevo ogni giorno esempi di discriminazione contro i giovani; oppressione silenziosa e perciò pericolosissima, dalla quale desidero tenermi lontana. Il fatto che la società ci spinga a preservare le nostre tradizioni, in quanto datrici di ordine indiscutibili e imprescindibili, si esprime come denigrazione dei giovani su vari livelli sociali. Quante volte ho sentito la frase «Non ha esperienza di vita» oppure «È troppo giovane», per non parlare di «I giovani d’oggi».
Una mentalità chiusa al progresso si manifesta come mancanza di fiducia nelle capacità degli adolescenti, causa prima di rabbia, ribellione e vergogna. Questo disperato attaccamento al passato (tradizioni, credenze, valori) priva i giovani di entusiasmo per il futuro e crea un senso di inadeguatezza relativo al fatto stesso di essere giovani; l´essere in trappola fra un passato inclemente e un futuro malvoluto crea un presente incerto.
Il rispetto per vecchi valori ed esperienze passate non è messo in questione dal dare fiducia nel nostro futuro, e senza fiducia nel futuro non possiamo sopportare il momento presente. Per questo, non sono pronta a tornare in un paese dove ai giovani non é dato il rispetto che meritano.