Turchia: il giorno dopo il golpe fallito, 1500 arresti
È durato tutto poche ore che però devono essere sembrate interminabili, con gli occhi del mondo puntati addosso: scenari da guerra civile, con i militari che prendono il potere, applicano il coprifuoco e la legge marziale e promettono una nuova costituzione. Ma alla fine «tutto deve cambiare perché tutto resti come prima», per citare Tomasi di Lampedusa, anche se è difficile pensare che dopo il colpo di Stato sventato, in Turchia il presidente Erdogan dimentichi quanto avvenuto e non agisca di conseguenza.
È stata una notte di caos: da una parte i cittadini che cercavano di prelevare più denaro possibile dai bancomat e fare scorta di benzina e generi alimentari, dall’altra l’esercito diviso fra lealisti e golpisti, mentre le forze di polizia rimanevano fedeli a Erdogan.
Dopo la lunga notte turca, la giornata di oggi dovrebbe restituire al «sultano» il potere di cui per una notte era stato privato. Nonostante ci siano ancora alcuni focolai di ribelli che, hanno annunciato, continueranno a combattere, il fallimento del colpo di Stato è diventato evidente quando il presidente è atterrato in mezzo alla folla festosa all’aeroporto Ataturk di Istanbul.
Dopo ore di guerra civile con bombardamenti e combattimenti a Istanbul e ad Ankara, con i ponti del Bosforo bloccati dai carri armati, i militari questa mattina, dopo aver anche sparato sulla folla, si sono arresi. Il bilancio di questa notte è tragico: almeno 90 morti, di cui 47 civili (anche un fotografo), negli scontri nelle due città e 1554 i feriti. In totale i militari golpisti uccisi dovrebbero essere 104. L’esercito poi conta 1563 militari arrestati, secondo i dati forniti dal ministro della Giustizia, Bekir Bozdag, mentre altre centinaia si sono arrese questa mattina davanti alla polizia.
Cos’è successo nell’esercito. È già iniziata la pulizia interna alle forze armate: un generale è morto, altri sono stati destituiti e 29 colonnelli hanno perso le proprie funzioni. Umit Dundar ha sostituito temporaneamente il capo di Stato maggiore Hulusi Akar che, fedele a Erdogan, era stato preso in ostaggio. Di lui per ore non si è saputo nulla, poi l’agenzia ufficiale Anadolu ha fatto sapere che era detenuto in una base aerea alle porte di Ankara e che è stato rilasciato.
Erdogan durante i festeggiamenti ha dichiarato che i golpisti «pagheranno un caro prezzo». Per il presidente la mente del tentato colpo di Stato è l’imam e magnate – che si è esiliato negli Stati Uniti – Fethullah Gulen, che da alleato è diventato il suo nemico numero uno. Gulen però ha fatto sapere di essere estraneo al golpe: «Per uno come me che ha sofferto sotto più colpi di Stato militari negli ultimi cinque decenni, è particolarmente offensivo essere accusato di essere legato a un tentativo come questo».
Erdogan è ancora presidente della Turchia ma ora deve stare particolarmente attento: i nemici più temibili sono gli stessi che da diverso tempo sta mandando a morire in massa in conflitti evidentemente non considerati necessari dall’esercito.
Giornalista professionista e fotografo. Ho pubblicato vari libri tra storia, inchiesta giornalistica e fotografia