Uk: guai a chi boicotta prodotti israeliani

David Cameron, primo ministro britannico, ostacola e inibisce il boicottaggio nei confronti di Israele e si schiera contro chi bandisce le merci provenienti dallo stato ebraico.
È infatti sotto esame la proposta di rendere reato la propaganda in favore dell’ostruzionismo di beni e servizi provenienti da Israele, perlomeno se questa è promossa da enti che godono di finanziamenti pubblici.

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Il movimento anti-israeliano Bds (Boicottaggio, Disinvestimenti, Sanzioni), che sostiene in particolare una campagna contro i prodotti di aziende coinvolte nel commercio di armi, carburanti fossili e tabacco, gode di ottima salute nel Regno Unito, e questo chiarisce la scelta del governo Cameron, non è ancora ufficiale, ma già trapelata. Si devono ancora decidere tempi e modi del divieto, ma il bando del governo è fuori discussione. Cameron giustifica l’azione guidando i cittadini verso un punto di vista etico, atto ad evitare il sentimento antisemita; ma se questa campagna etica fosse solo la copertura per una scelta meramente politica ed economica? Se il tutto fosse dettato dalla natura dipendente della politica inglese nei confronti di altre potenze della Comunità Internazionale?
Certamente non mancano le critiche verso questa decisione, il leader labourista Corbyn ha fortemente condannato tale presa di posizione sostenendo che «i cittadini hanno il diritto di eleggere rappresentanze locali in grado di prendere decisioni autonome dalle scelte del governo centrale, comprese quelle che riguardano gli investimenti o l’acquisto di beni e servizi considerati non etici».
NetanyahuNon una scelta razziale o discriminante, dunque, quella di boicottare l’acquisto di beni da Israele, bensì una decisione presa per ostacolare il finanziamento di prodotti delle società israeliane o delle aziende internazionali complici dell’occupazione palestinese. Si tratta di boicottare il finanziamento a una potenza che da decenni vìola i diritti umani, e commette crimini degni di essere qualificati come crimini internazionali, rendendo, perciò, imperativo il tentativo di assumersi qualche responsabilità e di contrastare il susseguirsi di «occhi chiusi» dei governi nazionali nei confronti dello stato ebraico.
Non è questione di ebrei o non ebrei, è questione di politica e gestione delle relazioni.
Nonostante tutto, secondo alcune fonti l’annuncio formale della nuova misura di legge verrà, comunque, ufficializzato in settimana.
Non resta allora che sognare i tempi lontani in cui dal Regno Unito Robin Hood faceva sperare i «giusti», e cercare di non arrendersi solo a causa dei giochi di potere sottintesi in gesti magnanimi ed etici.

Anna Toniolo