Un auspicio per il 2022
Un complesso 2021 se n’è andato, portandosi appresso la necessità di un auspicio per il 2022, che si presenta ai nastri di partenza nei panni dell’ereditiere di problematiche politico-sociali intricate e dalla difficile soluzione. Negli articoli che hanno contraddistinto i dodici mesi appena terminati, il filo conduttore è stato il cercare di osservare lo sviluppo degli eventi che andavano susseguendosi, senza farsi mancare alcune doverose prese di posizione su ciò che si tentava di analizzare. Un’analisi partita dall’imprescindibile pluralismo delle idee, premessa chiave per una presa di coscienza sulla realtà sociale. Su questo dibattito, attualmente, il processo di sintesi tra le opposte posizioni è ostruito dalla costruzione di un binario unico, con conseguente etichettamento irridente e supponente di qualsivoglia voce fuori cornice. Tale meccanismo ha perfettamente esplicitato la problematica relativa all’inquietante premessa per poter esercitare il diritto di parola, di cui ho parlato qualche tempo fa.
Le ferite ereditate in questo periodo fanno parte del tessuto sociale, e non soltanto sul piano squisitamente ideale. Le scelte politiche in ambito pandemico hanno istituito una catalogazione di fatto a colpi di greenpass, super greenpass e mega greenpass, temi più volte discussi già dalla genesi con l’obiettivo d’intuirne, per quanto possibile, le evoluzioni successive. L’auspicio che si pone sul nascituro 2022 è un miglioramento sul piano comunicativo, dove si veicolano le diverse letture degli eventi sociali e si costruisce il consenso intorno a un ideale di società.
Reagire alla catalogazione
Lo scambio di vedute esposto in precedenza, allo stadio attuale, è invece interdetto da una cortina fumogena comunicativa che ha estremizzato le posizioni e inibito la ragionevolezza. Ciò emerge in modo particolare in Parlamento, che l’esecutivo ha ridotto a un consesso quasi monocorde, fagocitandone le funzioni di discussione con la marcia serrata che sforma un decreto a settimana. Un auspicio per il 2022 è che esso torni a essere qualcosa di più di un tascabile for dummies che discerne l’attualmente consentito dall’attualmente proibito.
Tale augurio per una riapertura del confronto, tuttavia, è rivolto specialmente al popolo, nonché, come si prospettava facilmente ad agosto, al contesto familiare. Essa si gioca sul lessico: fin quando il riferimento all’altrui pensiero passerà da neologismi introdotti via mass media – vedi sì/pro (riempimento a piacere) vs no (riempimento a piacere) – per consolidare il consenso alle restrizioni indirizzate sui non autorizzati, la finestra sul confronto non solo rimarrà chiusa, ma si munirà di solidissime grate in nome della sicurezza.
L’inadeguatezza dei social media
Lo strumento del confronto non può certo essere rappresentato dai social. In essi si sono materializzati, con una tendenza fortemente crescente nel 2021, atti di disumanizzazione e di fomento d’odio sociale. Oggi potrebbero facilmente essere ribattezzati asocial. Il dialogo deve, di conseguenza, comprendere il grado massimo di umanizzazione vertendo sul faccia a faccia. L’interpretazione del social per eccellenza, Facebook, delle cui disfunzioni ho avuto modo di parlare in un precedente articolo, è di tipo separativo nel solco della funzione del sobborgo nell’immaginario americano: luogo della richiesta all’ingresso, della condivisione di caratteristiche, finalizzato a fornire sicurezze. In definitiva, il suo essere virtuale spinge verso le nicchie di auto conferma che radicalizzano lo scontro. Attualmente, meglio farne un uso limitato, a costo di apparire una vittima avvilita della spirale del silenzio.
Risulta quindi necessario effettuare un profondo ragionamento sul significato intrinseco delle parole e sugli effetti indesiderati (o forse no?) del loro utilizzo. Ancora oggi, per esempio, non è stato dismesso dall’uso comune il termine contestualizzante di «guerra»: esso ha attecchito prima in riferimento al virus in sé, per poi esser deviato verso i disallineati a proposito delle politiche di reazione intraprese. Reazione che ha finito per relegare dei cittadini ai margini della società, per di più senza che avessero commesso infrazioni.
Per tornare a dialogare proficuamente occorrerebbe dismettere i personaggi disgreganti introdotti dall’alto tramite neologismi. Un auspicio per il 2022, dunque, è iperinflazionare il termine «persona» e riaffermarne la dignità, con tutto ciò che comporta. Ciò, in un contesto familiare e sociale dai toni fortemente distopici, appare quasi un’utopia. Tuttavia è ciò che sentivo di dover augurare a tutti noi.
Simone, ventottenne sardo, ha vagato in giovanissima età per il Piemonte, per poi far ritorno nell’isola che lo richiamava. Ama scrivere su tematiche politiche ed economiche. Legge per limitare la sua ignoranza.