«Una stanza tutta per sé» ai tempi del Covid e dello smart working
Era un giovedì qualsiasi del mese di ottobre del 1929 il giorno in cui Virginia Woolf pubblicò il suo libro «Una stanza tutta per sé». Il saggio, che nasceva come un invito a riflettere sul rapporto donna-romanzo, finì poi con l’indicare i due fattori che si riterrebbero necessari alle donne per fare letteratura, ovvero, denaro proprio e una stanza tutta per sé.
Questa valutazione, traslata al giorno d’oggi, non dovrebbe in verità apparirci troppo lontana né tanto meno superata. Non ci si riferisce tanto, in questo caso, alla letteratura delle donne o alla loro libertà intellettuale, di cui si potrebbe peraltro disquisire, quanto ai beni materiali che la Woolf suggerisce come necessari alle donne per poter vivere, pensare e creare liberamente: il denaro e lo spazio.
Ma le donne del nostro tempo dispongono realmente di denaro e di spazi propri? Certamente, rispetto alle coetanee della Woolf, le donne di oggi dispongono in maggior misura di denaro proprio. Tuttavia, se si provasse a riflettere sui recenti dati relativi all’occupazione femminile in tempi di Covid-19, si potrebbe però notare che, nel corso dell’ultimo anno, di denaro nelle tasche delle donne ne sia entrato ben poco.
Secondo uno studio Istat, risalente al periodo della seconda ondata pandemica, il 98% di chi ha perso il lavoro nel 2020 appartiene al genere femminile. Su 101 mila nuovi disoccupati circa 99 mila sono donne. Perciò, in un confronto tra generi, parrebbe che circa il doppio delle donne abbia perso il proprio lavoro nel 2020 rispetto agli uomini.
Per quale ragione? In realtà, le ragioni sono molteplici. Forse potremmo giustificare questi dati evidenziando come molte delle donne, ora disoccupate, risultavano impiegate in alcuni dei settori più colpiti dalla crisi legata al virus. Questo in parte è vero. Nondimeno ci sono altre ragioni per le quali è difficile astenersi dal valutare con occhio più critico. È assurdo negare che le donne, così come i giovani, siano più spesso vincolate a contratti meno sicuri, come nel caso dei contratti part-time, in somministrazione di un mese o a tempo determinato, i quali forniscono poche o nulle garanzie e tutele. Ed è altrettanto riprovevole non ammettere la scarsa presenza femminile in posizioni apicali o dirigenziali, ruoli che risultano pertanto più difficili da sopprimere e meno soggetti a licenziamenti improvvisi.
La Woolf aveva capito bene che il problema della povertà o dell’assenza di una rendita autonoma, costituisce per le donne, così come lo costituirebbe per gli uomini, un limite mentale e materiale che ne impedirebbe l’azione, non solo in campo letterario, ma in qualsiasi campo. Una persona senza denaro non può fare progetti, non può investire nella propria istruzione al fine di migliorare la propria carriera, non può realizzare piani di natura privata o imprenditoriale e nei casi più seri, pensiamo alle donne vittime di violenza economica, non può disporre liberamente della propria vita.
E «la camera tutta per sé»? Anche su questo punto parrebbe che in tempi recenti i posti tranquilli in cui le donne possano ritirarsi a lavorare, progettare, scrivere e creare siano sempre più affollati e sempre meno tutti per sé.
Tra le principali novità in ambito occupazionale generate dalla pandemia, non possiamo non citare lo smart working. Si tratta di un’utile soluzione per ridurre il rischio di contagi generati dal traffico di persone all’interno dei luoghi di lavoro, ma anche di strumento che ha annullato la separazione tra spazio privato e spazio lavorativo. Difficilmente una donna in smart working dalla propria casa con possibili figli presenti o con una pentola sul fuoco ignorerà le eventuali richieste di assistenza degli uni o lo serpeggiare incandescente dell’altra che reclama vigilanza.
Si assiste dunque al ritorno, come se niente fosse, a quelle stesse mansioni, legate alla cura della casa e della famiglia, dalle quali, nemmeno un secolo fa, le donne avevano dichiarato di essersi definitivamente affrancate. Lo smart working, eliminando la distinzione tra spazio lavorativo e spazio domestico impedirebbe a molte di avere quella autonomia di pensiero, libertà e concentrazione che una stanza tutta per sé, in questo caso uno spazio lavorativo esterno dalle mura domestiche in cui lavorare e pensare, potrebbe invece offrire. Lo spazio fisico che aveva consentito di smarcarsi dagli impegni familiari, almeno per una parte della giornata, non esiste più.
La pandemia dell’ultimo anno e mezzo ha colpito e modificato la vita di tante persone e naturalmente non si tratta soltanto di donne. Tuttavia, è bene concludere riflettendo su alcune parole di Simone De Beauvoir che scriveva: «Non dimenticare mai che una crisi politica, economica o religiosa sarà sufficiente per mettere in discussione i diritti delle donne. Questi diritti non saranno mai acquisiti. Dovrai rimanere vigile per tutta la vita».