Una strage in nome del marketing
È sempre rischioso esporre un pensiero diverso, ancora di più se tale pensiero è unanime in quasi tutto il mondo. Ma, visto che siete tutti «Je suis Charlie» in nome della libertà di espressione, mi permetto questo azzardo.
Ho qui la mia copia del Fatto Quotidiano con tanto di Charlie Hebdo allegato, e leggo che questa è un’«iniziativa di solidarietà che va oltre la frase “io sono Charlie”. Un modo per fare sentire la nostra vicinanza. Anche materiale, tant’è che parte del ricavato sarà devoluto alle famiglie delle vittime dell’attacco terroristico». Ottima cosa, penso. Poi vedo in edicola un libricino nero intitolato Je suis Charlie venduto insieme al Corriere della Sera: una raccolta delle migliori vignette che omaggiano la rivista satirica francese. Troppo bello per essere vero? Leggendo qua e là sul web si scopre che per motivi di fretta non si sono chieste le autorizzazioni per l’uso delle vignette. In seguito alle proteste dei disegnatori, sono arrivate subito le solite scuse infarcite di perbenismo. Quale sarà la prossima novità? Un calendario in allegato ad un altro giornale? Penso si stia superando il limite della semplice solidarietà per arrivare a quello di fare i furbi grazie ad una tragedia. Il troppo stroppia… e diventa marketing.
Su La Voce che Stecca si è spesso parlato di Casale Monferrato (Alessandria) e di Eternit, il colosso del cemento-amianto che ha continuato ad avvelenare il paese fino al 1992: il 20 novembre 2014 il reato di disastro ambientale è stato dichiarato caduto in prescrizione dalla Cassazione. Di conseguenza sono stati annullati anche i risarcimenti per le vittime e c’era chi ne aveva davvero bisogno.
Ma Casale è soltanto la goccia più famosa nell’oceano delle città che andrebbero bonificate dall’amianto. Paradossalmente la città piemontese è, in seguito a degli interventi radicali, al momento molto più pulita di altri luoghi meno famosi. Ma questo non fa audience, come un sacco di altri eventi che non hanno in sé una strage di impatto impressionante. Si sono mai raccolti dei fondi per tutte le morti ingiuste in questo mondo?
I casalesi non sono giornalisti e non li ha sterminati nessun terrorista. Nessun «Mi sun in Casaleis» (chi sa meglio di me il piemontese mi corregga). Chi ha provato ad avvicinarli per aiutarli è stato addirittura morso. Gli animali feriti attaccano per paura di ricevere il colpo di grazia.
Credo sia giusto dare un aiuto a Charlie Hebdo, anch’io il mio giornale l’ho comprato e ho contribuito con la mia piccola parte di beneficenza. Ma bisogna smetterla di speculare sulle tragedie (vedasi Corriere): è meschino approfittare dello sgomento delle persone per guadagnare soldi o popolarità, ignorando poi altri problemi perché scioccano di meno. La lezione è finita.
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Bellissimo articolo. Ne abbiamo abbastanza dell’ipocrisia! Brava DB
Finalmente una penna veramente CONTROCORRENTE. Questo è di sicuro l’articolo migliore di tutto il blog e, probabilmente, uno dei migliori che si trovano online su Charlie Hebdo. Azzurra, ti do un consiglio: lascia stare questi perdenti e va a lavorare in un giornale vero. Ti prenderanno subito