Unione Europea: il caso (non solo) polacco

Si sa, l’Unione Europea non è un’organizzazione sovranazionale come tutte le altre. I trattati che la definiscono ne costituiscono le basi e ne racchiudono le norme fondamentali. Tuttavia, quello che l’Unione può veramente in più rispetto a tutte le altre organizzazioni è la sua capacità di far ricadere talune sue disposizioni, non solo sugli Stati che la compongono, ma anche e soprattutto sui cittadini parte di tali Paesi. Ecco qui svelata la sua unicità.

Ma perché questo dovrebbe renderla così speciale? Il problema di fondo è legato al possibile scontro o sovrapposizione tra quello che è considerato il diritto comunitario e la legislazione nazionale di ogni singolo Paese.

Il caso polacco di questi ultimi giorni può aiutarci a capire meglio e ad analizzare tutte le difficoltà legate a questo sistema. Di recente, infatti, la Corte Suprema polacca ha respinto e contestato il primato del diritto comunitario sulla legislazione nazionale affermando che il diritto dell’Unione non dovrebbe essere usato per mettere in discussione l’indipendenza degli Stati.

Per quanto questa non sia la prima volta che la Polonia e altri Paesi, soprattutto del cosiddetto gruppo di Visegrad, contestano apertamente le autorità europee, in realtà non si era mai verificata una così netta opposizione da parte di uno stato membro dell’Unione verso i suoi trattati e le sue leggi.

Già in passato, ai tempi dell’emergenza migratoria, alcuni paesi dell’est Europa avevano manifestato una certa resistenza verso vari provvedimenti quali il ricollocamento equo dei migranti tra i Paesi, adducendo, come pretesto, il mancato rispetto della forma di alcune procedure atte a concretizzare la redistribuzione dei migranti tra i vari stati dell’Unione. Eppure, non si era mai vista un tale e aperta sfida.

Ad oggi, le principali pietre della discordia, tra Varsavia e Bruxelles, riguardano soprattutto tre ambiti: i diritti Lgbt, la libertà di informazione e la riforma del sistema giudiziario polacco. In particolare, questo ultimo punto genera scontro. Da un lato, troviamo l’Unione che chiede l’abolizione delle sanzioni disciplinari verso i giudici polacchi ritenute incompatibili con il diritto dell’Unione. Dall’altro, il governo polacco che giustifica tali sanzioni considerandole necessarie al fine di sradicare, una volta per tutte, gli ultimi residui dell’era comunista.

Malgrado questi dissidi, il Primo Ministro polacco, Morawiecki ha più volte confermato l’appartenenza della Polonia al gruppo delle nazioni europee. Tuttavia, sarebbe bene tenere a mente tali episodi per il futuro. Non dimentichiamo, infatti, che la Polonia è un paese europeo che ha riacquisito relativamente di recente la propria sovranità nazionale, in quanto, fino alla fine degli anni Ottanta, si trovava sotto il controllo dell’Urss.

Negli anni Duemila, quando l’Ue si trovò a dover scegliere tra il sentiero dell’approfondimento (instaurazione di una maggiore coesione tra i paesi già parte della Ue) e quello dell’allargamento (inclusione di nuovi Stati, soprattutto dell’est Europa) mai si sarebbe forse immaginata una tale rigidità, da parte di tali Paesi, proprio legata alla questione della sovranità nazionale.

Il problema della Polonia in realtà non è solo un problema della Polonia. Tanti Stati membri dell’Unione, ancora oggi, anche tra i Paesi comunitari di più lunga data, spesso fanno fatica ad accettare la progressiva cessione della propria sovranità nazionale verso tale organismo superiore ed esterno.

Certo è che l’ingresso dello Stato polacco nel concerto delle nazioni Ue è stato uno dei momenti più rilevanti e positivi degli ultimi decenni, non solo per il Paese, ma per la stessa comunità europea. Infatti, secondo i sondaggi, l’80 per cento della popolazione polacca si dichiara soddisfatta in merito alla sua appartenenza all’Unione.

È anche vero che tale simpatia non poteva mancare a fronte dei miliardi che l’Unione Europea ha stanziato in sussidi di vario genere, verso il Paese, a partire dal 2004. Nondimeno, pare che tali aiuti non siano stati sufficienti al fine di accattivarsi le simpatie di molti in Polonia. Parrebbe inoltre che proprio sul piano economico–finanziario sia prossimo lo scontro tra Varsavia e la Commissione europea. Alla luce degli attuali piani per il Recovery Fund, pare non ci si dovrebbe aspettare nulla di buono.