Unioni civili: il trionfo sull’Unità
Giovedì è stata la giornata delle unioni civili che, anche grazie al gruppetto di parlamentari guidato da Denis Verdini, sono riuscite a passare al senato. Il governo ci ha messo la fiducia e, dal punto di vista del premier, è andato tutto bene. L’Unità, com’era prevedibile, ieri ha alzato un polverone sulla questione, vediamo cos’ha pubblicato.
«Il Senato ha messo fine alla nostra arretratezza scandalosa e vergognosa in materia, unica fino a ieri (mercoledì, ndr) nel mondo occidentale», scrive il direttore Erasmo D’Angelis nel suo editoriale, e continua dicendo che la fiducia «era la direzione giusta per evitare di esporre una normativa così importante e urgente ancora a trappole e agguati parlamentari»: «Renzi l’ha difesa perché era diventata un campo di battaglie anacronistiche ed era finita nel tritacarne delle contrapposizioni che ormai non passano nemmeno più tra laici e cattolici». Ottima mossa del Pd, che ha fatto benissimo «a mediare scegliendo la strada più sicura per portarla all’approvazione in aula per difendere questa svolta storica che unifica un’Italia divisa in due parti, una al di sopra e una al di sotto dei diritti», e brutta figura del M5S che «hanno provato ad assestare un colpo al Pd, ma sono riusciti a colpire solo gli affetti, intestandosi il nulla». Quindi lo scopo della politica è di «intestarsi» delle vittorie.
Dopo D’Angelis, è il turno del pirotecnico articolo del capogruppo del Pd al Senato, Luigi Zanda, «Dal nulla ai diritti». L’avvocato sardo intende ricordare ai lettori di chi sia il merito del «successo» di mercoledì: «Nostra la volontà di far cessare l’ostruzionismo in commissione. Nostra la volontà di venire in Aula. Nostra la decisione di non correre più rischi continuando ad attendere dai 5 stelle (il minuscolo è suo, ndr) una parola chiara». Zanda prosegue assumendo i toni solenni di uno statista: «In tutti i tempi, la storia delle nazioni non è fatta solo dall’economia e dalla politica. Sono soprattutto la cultura e il rispetto dei diritti civili a definire il livello di maturità e di democrazia di un paese». E poi via con i richiami alle leggi sul divorzio e sull’aborto, «le grandi riforme che che sul piano civile hanno messo l’Italia al passo delle democrazie occidentali».
Non poteva mancare alla festa Fabrizio Rondolino che, abbandonata per un momento la sua battaglia contro il Fatto Quotidiano e Marco Travaglio, decide di prendersela con Beppe Grillo. L’ex consulente per la comunicazione del Grande Fratello ricorda un episodio risalente al 2012: Vladimir Luxuria, candidatasi con Rifondazione Comunista, subì l’attacco del comico genovese che, durante un suo spettacolo, disse: «Ma che fine faremo, ora che anche Rifondazione candida un travestito?». Rondolino si fa portatore del politicamente corretto sostenendo che Grillo, in quanto comico e non in quanto garante del Movimento 5 Stelle, non dovesse prendersela né con la Luxuria né con Nichi Vendola, salutato nel 2011 con «At salut, buson!» durante un comizio a Bologna. La penna di punta dell’Unità conclude categorico: Grillo? «Ormai con sempre maggior chiarezza sappiamo chi è». Per quanto riguarda Rondolino, possiamo dire esattamente la stessa cosa.
Giornalista professionista e fotografo. Ho pubblicato vari libri tra storia, inchiesta giornalistica e fotografia