Uto Ughi alla Fiera delle Parole

Ieri sera alle 21 il Palazzo della Ragione di Padova in occasione della Fiera delle Parole ha fatto da cornice ad un incontro molto atteso, che ha mostrato al pubblico un’immagine inedita di Uto Ughi, non solo violinista di fama mondiale, ma anche uomo che ama la letteratura, la filosofia, i viaggi. Ha dialogato con lui Gian Antonio Stella, scrittore e firma de Il Corriere della Sera.

Per accogliere il pubblico è stato proiettato un video proveniente dal catalogo Rai Teche con filmati di Uto Ughi a partire dal 1955, quando aveva appena undici anni, ma era già acclamato dalla critica come un concertista ormai artisticamente e tecnicamente maturo. Sono state poi mostrate delle parti di concerti con Martha Argerich e Tamas Vasary; infine è stata ripercorsa brevemente la straordinaria carriera del maestro, considerato uno dei massimi interpreti contemporanei a livello mondiale.

L’intervista si è svolta alla presenza di un altro grande protagonista della musica classica italiana e internazionale: Claudio Scimone, fondatore dei Solisti Veneti e direttore di alcune delle più importanti orchestre sinfoniche del mondo, come la Royal Philharmonic Orchestra di Londra. Subito si è fatto riferimento al titolo del libro di Ughi, “Quel diavolo di un trillo. Note della mia vita”, che riprende quello della Sonata per violino in sol minore, più conosciuta appunto come Il trillo del diavolo, del compositore settecentesco Giuseppe Tartini, nato a Pirano, paese natale anche dei nonni di Ughi. Il maestro ha elogiato Scimone per aver fatto conoscere l’opera di Tartini al grande pubblico.

Sotto la guida di Stella, Ughi ha ricordato che durante uno dei suoi viaggi in Oriente ha conosciuto Suzuki, educatore giapponese, il quale riteneva che ognuno avesse una musicalità latente che dev’essere risvegliata nei primi anni di vita grazie alla scuola. “Ciò che manca nel nostro Paese”, afferma Ughi, “è l’educazione musicale nelle scuole. In un paese come l’Italia, che, assieme alla Germania, ha dato al mondo i migliori compositori, l’ignoranza è una colpa”. Ha poi affermato che al metodo Suzuki si avvicinavano genitori con bimbi di tre-quattro anni, e che esso prevedeva molte ore al giorno di apprendimento: un metodo duro, che tuttavia garantisce una disciplina, che secondo Ughi manca alla nuove generazioni. “Chi studia musica magari non diventerà un musicista, ma sicuramente non ruberà o farà guerre, perché chi intraprende questi studi acquisisce un’armonia interiore che gli impedirà di smarrirsi nella selva della vita”.

Per Scimone, che da anni si dedica all’attività didattica, la radice del problema sta nella rigidità del sistema scolastico italiano, che sin dalla scuola elementare non lascia spazio alla musica per non penalizzare gli altri insegnamenti. “È inaccettabile che un ragazzo in possesso di maturità classica non conosca la storia della musica”, afferma il maestro. In Italia, sottolinea Ughi, non mancano i talenti, bensì le iniziative, anche da parte della politica.

Racconta infatti di aver visto Gianni Letta o Massimo D’Alema ai concerti di musica classica, ma afferma che la classe politica italiana non fa nulla per cambiare le cose, anche se basterebbe poco: ad esempio si potrebbero mandare in onda delle trasmissioni musicali rivolte ai giovani, condotte da insigni musicisti. Per Ughi, il declino della grande tradizione musicale italiana è cominciato già dalla fine degli anni Ottanta, quando i più illustri direttori d’orchestra come Claudio Abbado hanno lasciato l’Italia. In riferimento alla situazione del teatro dell’opera di Roma, Ughi ha affermato che anche Muti sarebbe dovuto rimanere in Italia a combattere, perché, alla fine, a pagarla è sempre la musica.

Al termine dell’incontro, il maestro ha incantato il pubblico con l’esecuzione di alcuni brani, tra cui “La caccia” di Paganini e ha mostrato la differenza di suono che intercorre tra i suoi due violini: un Guarnieri del 1744 e uno Stradivari del 1701.

 

Uto Ughi a Palazzo della Ragione - Padova
Uto Ughi a Palazzo della Ragione – Padova