Vaccini e Report: la statistica e la farmacovigilanza
Sta ancora facendo discutere la puntata di Report del 17 aprile scorso sul vaccino contro il papilloma virus e la farmacovigilanza. Ve ne avevamo già parlato, però oggi proviamo ad aggiungere un altro punto di vista alla vicenda.
Al di là di tutte le (importantissime) questioni mediche in merito alla vaccinazione, ci sono due argomenti che anche noi profani possiamo comprendere e affrontare: la prima riguarda la statistica, la seconda la legge. Sono due questioni che vanno oltre la efficacia dei vaccini, che daremo per scontata, perché probabilmente il punto è un po’ più sottile e meno evidente di quanto sembri.
Partendo dal pensiero del filosofo Kenneth Schaffner, possiamo affermare che le teorie più tipiche della medicina hanno una generalità particolare, di media portata (middle range); il suo discorso ha lo scopo di mostrare come una scienza come la medicina sia legata al concetto di causalità, pur trattando generalizzazioni non universali. Lasciando momentaneamente da parte la filosofia e tornando a un livello più concreto, è evidente come in medicina ci siano così tante variabili in gioco, alcune delle quali imprevedibili, che è banale affermare che un risultato ottenuto in un ambiente protetto come un laboratorio diventi poco attendibile, se paragonato all’utilizzo di un farmaco su una persona comune, non controllata 24 ore su 24 e che non si fa esami e analisi in continuazione. Questo significa che la medicina è inattendibile? Ovvio che no, però tali premesse permettono l’entrata in campo della statistica.
Non è una questione di probabilità che 2+2 fa 4, e nemmeno che – in un sistema di geometria euclidea – tutti i triangoli abbiano la somma degli angoli interni pari a 180°. Possiamo provare tutte le volte che vogliamo, ma, essendoci una dimostrazione fondata su degli assiomi che in genere non contestiamo, sappiamo già a priori che otterremo sempre 4 da una parte e 180° dall’altra. Ecco, la medicina non è matematica, e questo dobbiamo ricordarcelo sempre, pur non volendo sminuire l’attendibilità della disciplina.
Qui entra in gioco la questione della farmacovigilanza: sul sito dell’Aifa, Agenzia Italiana del Farmaco, viene spiegato che per «reazione avversa» (Adr) si intende «Effetto nocivo e non voluto conseguente all’uso di un medicinale», una definizione che è «indipendente dal tipo di uso del medicinale», e che quindi comprende anche abusi, misusi, sovradosaggi ecc. L’Aifa stima che «il 5% di tutti gli accessi in ospedale sono dovuti a reazioni avverse», che «il 5% di tutti i pazienti già ricoverati in ospedale presenta una Adr» e che «le Adr sono al quinto posto tra le cause di morte in ospedale». L’importanza della segnalazione delle reazioni avverse è evidenziata dal fatto che c’è stata una campagna di sensibilizzazione a riguardo a livello europeo. Il medico o l’operatore sanitario che viene a conoscenza di sospette Adr è tenuto a comunicarle all’ente preposto entro 2 giorni in generale, entro 36 ore nel caso in cui si parli di medicinali di origine biologica (come i vaccini). Le reazioni avverse devono essere ovviamente solo sospette perché non spetta ai medici e agli operatori sanitari verificare l’attendibilità della segnalazione da parte del paziente e questo è reso ancor più evidente dal fatto che la segnalazione è possibile anche da parte del privato cittadino, che per definizione non ha i mezzi per capire se una presunta Adr è vera o no.
La notizia di Report riguarda proprio questo: alcune famiglie raccontano di non essere riuscite a inoltrare una segnalazione di sospetta reazione avversa perché i medici si rifiutavano di farlo. E uno di questi ha affermato che «La letteratura scientifica a oggi asserisce che non vi è nessuna correlazione fra i sintomi delle ragazze e il vaccino anti papilloma virus». Ma la legge non parla di un parere medico a riguardo, ma solo dell’obbligo di segnalazione entro 36 ore. Report insomma non ha mai fatto né una campagna antivaccini, né propaganda contro il vaccino anti papilloma virus, ha semplicemente dato una notizia. Sarà vero quanto raccontano le persone coinvolte nell’inchiesta? Su questo non possiamo che affidarci, come ogni volta in cui leggiamo un qualunque articolo di giornale, alla professionalità del giornalista.
Per concludere introduciamo il tema della statistica: chiunque prenda un aereo sa che si espone al rischio di un attentato terroristico, però volare è necessario se si vuole raggiungere un luogo in tempi relativamente bassi. Che procedimento fa quindi il nostro cervello? Mette sulla bilancia rischi e benefici sulla base delle probabilità e, visto che non ci sono attacchi terroristici tutti i giorni, capisce che statisticamente gli conviene prendere l’aereo, se non vuole starsene a casa. Bene, con i farmaci e con i vaccini funziona allo stesso modo: se la farmacovigilanza afferma che il rischio di reazioni avverse è contenuto, allora conviene vaccinarsi, dando per scontato ovviamente che il vaccino funzioni. Se invece viene registrato un numero di reazioni avverse proporzionalmente alto, allora non conviene più. Come nessuno prenderebbe più l’aereo se ci fossero due attentati al giorno.
Ci scusino i lettori per queste considerazioni noiose e forse fini a se stesse, però non è possibile che un servizio come quello di Report venga tacciato di antivaccinismo, quando invece ha solo evidenziato una presunta falla nel sistema di farmacovigilanza, a prescindere dal funzionamento dei vaccini.
Giornalista professionista e fotografo. Ho pubblicato vari libri tra storia, inchiesta giornalistica e fotografia