Il vero significato delle statue coperte
L’ultimo caso che ha scosso l’opinione pubblica in Italia riguarda l’arte. A differenza di quello che una premessa del genere potrebbe suggerire, non è affatto una nota positiva. A quanto pare un Qualcuno, non meglio identificato ma non appartenente al Governo (che ha subito preso le distanze), ha deciso, per non urtare la sensibilità del neopresidente iraniano Rohani, di coprire le statue all’interno dei Musei Capitolini a Roma: la Venere Capitolina, il Dioniso degli Horti Lamiani e altre statue che si trovano nei corridoi della struttura, perché raffiguranti uomini e donne nudi. Le opere sono state nascoste in maniera molto «elegante»: sono state adombrate da inestimabili pannelli di cartone.
Questa decisione è stata, per utilizzare un eufemismo, criticata da tutti gli esponenti politici, tranne che dal renziano Ernesto Carbone che ha detto esplicitamente a Un giorno da Pecora su Radio 2 che «ci sono 20 miliardi di investimenti da parte dell’Iran e noi stiamo parlando di un cartone davanti ad una statua. Noi siamo un paese ospitale, mettiamo a proprio agio tutti quelli che vengono in Italia, e per farlo stavolta abbiamo coperto una statua. Qual è il dramma?».
Ora, 20 miliardi di euro sono un sacco di soldi: è inutile negarlo. Sono soldi che un essere umano normale non vedrà mai nel corso della sua vita. Sono soldi che possono aiutare molte famiglie, che possono salvare molte industrie e posti di lavoro. Proprio per l’importanza del denaro, sembra strano che tutto possa dipendere dalla copertura o meno di statue in deshabille.
In questi giorni l’Italia è in subbuglio per moltissimi altri scontri ideologici e le parole che più si trovano in bocca a molte, troppe persone, sono «Etica», «Morale», «Integrità» e, in tutta questa vicenda, nessuno di questi tre valori è stato rispettato. Il messaggio che Carbone lancia con le sue parole è che il denaro può, potenzialmente, giustificare ogni cosa. La storia ci insegna, e tutti ce lo dovremmo ricordare soprattutto in questi giorni votati alla memoria e al ricordo, che sottomettere la propria libertà per compiacere qualcun altro non porta mai a nulla di buono. Si può iniziare ad oscurare una statua (che sembra ben poca cosa) per poi arrivare a conseguenze molto più estreme. Per quanto il denaro sia importante e fondamentale per sopravvivere, non è giusto procurarselo a discapito della nostra cultura, della nostra dignità, della nostra identità.
Quelle opere (il cui valore è inestimabile non solo a livello culturale, ma anche a livello monetario: probabilmente valgono molto di più di 20 miliardi) ci ricordano chi siamo stati. Quando ancora il mondo era solo l’Europa, il nostro vecchio continente, e i confini erano le colonne d’Ercole, le statue servivano innanzitutto per celebrare le grandi gesta degli eroi antichi, coloro che si distinguevano durante i giochi (Olimpici i più noti, ma anche istmici, pitici e nemei) per abilità sportive e poetiche. Le statue erano profferte alle divinità per ingraziarsele (profferta? Mi ricorda qualcosa in questo contesto, ma forse mi sbaglio), erano doni ospitali (che non si oscuravano per ospitalità ma si ostentavano) ma erano e sono anche oggi bellezza e cultura. Queste statue hanno una vita lunga di 2000 anni, hanno visto tutto quello che è accaduto nel corso di questi secoli in Europa, a casa nostra e ne sono state le vittime inconsapevoli: hanno visto la grandezza dell’Atene classica, Roma e il suo impero; hanno visto la vergogna del Medioevo per la loro nudità. Molte non sono sopravvissute (soprattutto quelle in bronzo, materiale molto prezioso e raro) e sono diventate, tramite la fusione, candelabri e oggetti pregiati posizionati soprattutto nelle chiese se non utensili di uso comune. Altre hanno perso parti del corpo, sono state mutilate e scalpellate perché troppo esplicite per la corte papale corrotta. Nel Rinascimento hanno avuto nuova giustizia fino a diventare veri e propri baluardi e simboli durante l’età della Egualité, Liberté, Fraternité. Poi di nuovo buio nel corso dell’Ottocento dove abbiamo di nuovo scalpello e ignoranza, pennelli e coperture, anche alla Cappella Sistina.
In questi anni di «modernità» le statue e la cultura sembravano poter aver trovato una casa, essere di nuovo amate dal grande pubblico. Anche guardando i social network e tutte le immagini di arte condivise tra i vari utenti, pare che la cultura artistica stia a cuore a tutti noi. Sempre ricordandoci che, come sappiamo, l’Italia è ancora una patria artistica crudele (basti vedere casi inconcepibili come i crolli di Pompei). Una patria che si vanta del proprio retaggio, dei propri antenati e poi si dimentica dei loro insegnamenti e delle loro testimonianze di vita.
Non solo se ne dimentica ma se ne vergogna. Le copre. Le censura. Perché ancora nessuno lo ha esplicitato, ma l’Italia ha cesurato la propria cultura per non offendere la sensibilità altrui. Sensibilità: è una bella parola in fondo. Una parola latina come tutti possiamo percepire dal suono stesso del vocabolo, una parola che indica al tempo stesso i sensi fisici e quelli psichici (la morale per intenderci). Non sembra un po’ ironico? In nome della sensibilità, dei sensi, del corpo si sono coperti la sensibilità, i sensi, il corpo. C’è qualcosa che non va. Qualcosa che non regge. Forse allora sensibilità non è la parola giusta: le statue si sono coperte per vigliaccheria. Ecco. Suona già molto meglio. Le statue sono state coperte per paraculismo, parola meno aulica ma sicuramente molto pertinente ed efficace. Qualcuno ha deciso di oscurare il nostro orgoglio, la nostra cultura per denaro.
Rohani però, dal canto suo, non può essere attaccato: egli afferma che questo argomento non era nemmeno stato toccato e che le statue non sono state coperte per volontà sua. Che sia vero o no, che lui abbia fatto richiesta o no, quello che è certo è che è colpa nostra o meglio di Qualcuno. Perché rispondere al semplice quesito di chi sia la colpa non pare essere tanto semplice. Nessuno ha visto niente, nessuno sa niente, nessuno ha sentito niente. La frase con cui si potrebbe riassumere la storia dell’Italia. Andrà a finire che la colpa sarà del povero operaio che quelle statue le ha coperte per obbedire ad un ordine piovuto dall’alto.
Chiunque sia stato, mi dispiace per lui. Tralasciando che siamo figli della cultura classica (chi più consapevole, chi meno), pur non avendo nozioni di questa particolare periodo storico, non si può rimanere indifferenti nei confronti della bellezza. Non si può non provare emozioni forti di fronte ad una statua, una forma d’arte che colpisce molto più di altre perché palpabile, reale, viva. Non ci si può non commuovere di fronte ad una statua di Canova, come Bacco e Arianna, al loro amore travolgente destinato a sparire per una piccola goccia di candela. Non si può non amarla. Non si può, di fronte a tanta bellezza, non piangere. Mi dispiace sinceramente per chi ha preso questa decisione, per chi ha tradito anni di storia e di bellezza, per chi non sa cogliere nulla dalla pietra scolpita. Ma mi dispiace ancora più sinceramente per il presidente Rohani che non sa cosa significa sensibilità e venendo in Italia ha commesso uno dei più grandi delitti che si possano fare: quello di non volere vedere ciò che custodiamo, ciò che dobbiamo (rettifico: dovremmo) amare e proteggere. Avrebbe dovuto prendere i cartoni, stracciarli con le sue stesse mani e pretendere di vedere chi siamo veramente; anche se forse quel cartone ci riflette molto meglio della Venere Capitolina.
Giada Arcidiacono
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