Via Nigeriae: da sognatrici a schiave del sesso
Ingannate, sfruttate, violentate, costrette a prostituirsi, terrorizzate a tal punto da rifiutare qualsiasi offerta di aiuto: sono le ragazze nigeriane cadute nella trappola della tratta di esseri umani a scopi sessuali, che si può fregiare del titolo di attività più redditizia al mondo, dopo il traffico di armi e droga.
Disgustati, potremmo pensare che solo un paese poco civilizzato può rendersi complice di simili crimini: ebbene, è proprio l’Italia la meta privilegiata di questi traffici, e negli ultimi due anni il numero di nigeriane giunte nel nostro paese non solo non è diminuito, ma è addirittura quadruplicato, complici la posizione geografica, il potere della criminalità organizzata e, aspetto da non sottovalutare – senza il quale i traffici si esaurirebbero in breve tempo – la forte domanda di servizi sessuali. Gli italiani, infatti, non disdegnano di concedersi una breve pausa dalla loro faticosa vita morale – è stancante protestare contro qualunque sciocchezza tocchi la loro profonda moralità – al modico prezzo di 20 euro a prestazione, o se va bene anche 10.
20 euro per avere a disposizione un corpo giovane, ma già sciupato, prima dalla povertà, poi dalla fatica del viaggio, e infine dalla violenza.
La Nigeria è un paese dai forti contrasti, in cui l’abbondanza di petrolio ha arricchito solo una piccola élite, mentre il 92,4% della popolazione vive con meno di due dollari al giorno. Per questo molte famiglie sono costrette a vendere i propri figli come domestici, e le figlie, inconsapevoli, come prostitute. Di fronte alle promesse di costruire una nuova vita, di avere un lavoro per mantenere la propria famiglia, a nulla valgono i racconti delle ragazze che riescono a tornare indietro, le associazioni che mettono in guardia, internet: queste storie che arrivano dall’Italia sono sicuramente falsità, sicuramente non accadrà anche a loro. Sicuramente quel debito da «60 mila», che in valuta nigeriana sono circa 3 mila euro, sarà facile da rimborsare, peccato che più tardi si scoprirà che la cifra iniziale era calcolata in euro.
Varcata la soglia di casa comincia l’incubo: il viaggio, lungo e pericoloso, via terra attraverso l’Africa e poi via mare, fino alla Sicilia, sui barconi con gli altri migranti; l’arrivo in Italia e la scoperta dell’inganno: doversi prostituire per pagare un debito che sembra non diminuire mai, praticamente schiave delle «mamam», che non esitano a esercitare su di loro la violenza.
Nonostante si presentino diverse occasioni per cercare e ottenere aiuto, le ragazze non le sfruttano quasi mai per paura: prima di partire devono sottoporsi a cerimonie svolte da santoni locali, che sfruttano credenze religiose con cui sono cresciute sin da bambine, talmente radicate da esercitare su di loro una coercizione pressoché assoluta. Nel corso di questi riti le giovani nigeriane devono giurare di restituire i soldi e di obbedire, altrimenti subiranno un atroce castigo a opera delle divinità. In ogni caso, le punizioni terrene sono tangibili e convincenti: qualsiasi tentativo di fuga o ribellione viene punito, a volte anche con l’omicidio dei familiari.
Il traffico è dunque ben pensato, organizzato per essere una macchina perfettamente funzionante; è opera della criminalità nigeriana, tra le più potenti del mondo, che vanta legami di alto livello, anche con governi e ambasciate, e che è naturalmente sostenuta anche dalla criminalità organizzata italiana.
È difficile pensare di opporsi a organizzazioni di così ampia influenza, ma forse, se il moralismo cattolico italiano non impedisse di regolamentare la prostituzione per tutelare le donne che scelgono questa professione, potremmo almeno metter loro i bastoni tra le ruote.