Vittoria del Sì al referendum: sempre più verso uno Stato liberale
Com’è noto la scorsa settimana si è votato favorevolmente alla riduzione dei parlamentari. Un risultato sconcertante, soprattutto per le percentuali (il 70% ha votato a favore della riforma), per chi, in difesa della Costituzione ha sostenuto fermamente il NO. Di fronte a questo risultato, si può solo rendersi conto che l’antipolitica e probabilmente alcuni comportamenti non proprio esemplari di alcuni rappresentanti del popolo hanno assunto più importanza di valori e concetti come rappresentanza, Costituzione, democrazia. Non credo ci sia il bisogno di ripetere i motivi per cui occorreva ribellarsi a tale riforma, ma credo sia opportuno domandarci cosa ci riserbi il futuro.
Dopo i giubili dei sostenitori alla riforma per la schiacciante vittoria al referendum, infatti, molti esponenti politici, hanno ritenuto questo taglio soltanto un punto di partenza per altre riforme costituzionali, come, ad esempio, la riforma del bicameralismo perfetto, già proposta nel 2016, iniziativa voluta allora dal PD di Matteo Renzi e dall’ex ministra Maria Elena Boschi. Una riforma, questa, che è stata bocciata dalla volontà popolare ma che oggi se venisse riproposta non ne bisogna escludere l’approvazione, visto la completa sfiducia nella politica dei cittadini. Tutto ciò potrebbe portare a un peggioramento delle condizioni democratiche del Paese che sempre più da stato democratico-sociale si sta trasformando sempre più in uno Stato liberale abbandonando la visione socialdemocratica dei Padri Costituenti.
Si prospetta uno Stato che dovrà essere minimo e chiamato a garantire solo due diritti fondamentali: la tutela della proprietà privata e la concorrenza. Per fare ciò, non occorreranno tanti partiti, cioè tante voci del popolo, bensì ne basteranno poche per attuare l’interesse generale della Nazione, che viene vista come un’unità d’intenti, di conseguenza, non verrà considerato nessun diritto sociale in quanto non ritenuto diritto essenziale. Inoltre si procederà alla considerazione del diritto come non più espressione della volontà popolare, ma come diritto razionale, figlio della scelta delle persone più capaci e più meritevoli. Questa visione era ciò che la stragrande maggioranza della Costituente riteneva che dovesse essere superato, in quanto esclude dal diritto di decidere per le sorti del paese la maggioranza dei cittadini.
Oggi, tutte queste questioni fondamentali, vengo nuovamente messe in discussione, per questo motivo, questa «deforma costituzionale», ritengo potrebbe portare a uno stravolgimento delle pratiche democratiche che conosciamo e a un definitivo smantellamento della Costituzione Italiana del ’48.