Vivere a Parigi dopo gli attentati
Dalla nostra corrispondente Parigi
Foto e articolo di Tissen Baali
Sabato mattina, la sveglia suona, la radio annuncia i fatti, il numero delle vittime, dei feriti. Nell’aria si sente il disagio, la paura che è rimasta dopo quella sera, dopo quel venerdì 13. Ormai una data che entrerà non solo nella storia ma anche nei nostri cuori, nelle nostre memorie. Questa volta la superstizione c’entra ben poco, ma sono la violenza, il panico, la guerra che prendono potere. Ma è solo sabato, oggi non si parla di politica o di religione. Oggi è il giorno in cui si deve stare in silenzio, chiamare gli amici o i parenti, abbracciarsi. Oggi è il giorno in cui si piange. Tutto il resto aspetti domani.
Il lunedì dopo la tragedia, Parigi si è svegliata con dolore, che solo chi ha vissuto quegli attimi può realmente capire. Pochi attimi di caos per far cadere tutti in un terribile e denso silenzio. In metro, nei supermercati, in università, esitiamo tutti a ridere o a scherzare ed è soltanto la desolazione che ci accomuna. Quel famoso «Ça va?» detto tra due amici ha perso ormai quel sorriso e quella gioia che lo caratterizzavano e ha acquisito un’aria triste e inquieta.
Perché tutto ciò? Perché tutta questa violenza?
Una cosa è certa, l’obiettivo era quello di creare panico e terrore. Ed è stato proprio così.
Quel lunedì diverso da tutti gli altri, un lunedì pieno di tristezza, di timore e di sgomento.
Ma se per alcuni è stato il lunedì della sconfitta per molti altri è stato il giorno della rinascita.
Una rinascita che porta la volontà di non sottomettersi alla paura, che porta il coraggio di sconfiggere il panico creato e la determinazione di proteggere ciò che è nostro, la libertà.
La libertà che dopo la tragedia ha dovuto lasciar posto alla protezione, alla sicurezza.
Mercoledì 18 novembre, un blitz delle forze dell’ordine a Saint-Denis ha permesso di abbattere i colpevoli degli attentati.
Un altro giorno senza libertà, che fa strada alla paura la quale si appropria sempre di più delle nostre anime.
Nonostante ciò a fine giornata Parigi ha provato un senso di sollievo e di giustizia, realizzata per le persone che hanno perso la vita.
A dieci giorni dalla strage, lo spavento è ancora intenso e radicato in tutti noi. Ma da questo deriva un sentimento di unità.
Un’unità che la Francia aveva cominciato a perdere pur avendo una storia importante alle spalle.
L’intesa di opporsi a chi pensa di poter distruggere una nazione, una cultura. La comprensione delle procedure di sicurezza per assicurare una protezione comune. La solidarietà e l’intelligenza di capire chi merita di essere giudicato e condannato e chi invece paga le conseguenze di qualcosa che non ha fatto.
Ecco, è questo che rappresenta Parigi oggi. Una città che grida ancora una volta «Liberté, égalité, fraternité».
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