Watly, la start-up italiana che rivoluziona il mondo dell’energia
Il 3 gennaio Luigi Di Maio, nel suo tour in vista delle elezioni, ha fatto tappa a San Giorgio di Nogaro (Udine) in visita a Watly, start-up innovativa tutta italiana.
Il fondatore, Marco Attisani, è un sognatore: un giorno, guardando il mare, si è chiesto perché, nonostante tutta l’acqua presente sulla terra, gran parte della popolazione mondiale ne sia sprovvista. Così, ha messo in piedi questo progetto. La macchina che ha costruito, insieme al team di lavoro, è completamente autonoma grazie ai pannelli solari e agisce principalmente in tre ambiti.
Il primo è depurare qualsiasi tipo di acqua, anche da arsenico e cianuro, attraverso vari passaggi: all’inizio viene raccolta l’acqua sporca, in seguito in una tanica si assorbono gli idrocarburi, che evaporerebbero prima dell’acqua; a quel punto si fa bollire per ottenere acqua distillata. Poi si deve rimineralizzare aggiungendo magnesio e calcio. Ora ha una capacità di 5mila litri, con due erogatori per taniche da 5 litri. Inoltre, è in grado di scomporre l’acqua e produrre idrogeno, con cui riempie le bombole con le quali le persone possono cucinare. In futuro può servire anche come produttore di idrogeno per automobili.
Il secondo è generare elettricità: ricarica batterie e dispone di una presa Tesla. Al momento, genera elettricità per caricare una macchina al giorno, perché non è molto grande.
Il terzo è che l’insieme può essere un enorme raccoglitore di dati, potendosi connettere al wi-fi da postazioni anche a 100 km di distanza. Tramite un braccialetto riconoscitivo, tiene sotto controllo le taniche e le batterie che escono e rientrano nel macchinario: a ognuno vengono assegnate con un codice, riconosciuto dal software. È previsto anche un programma per far atterrare i droni sul tetto, per uno sviluppo migliore della telemedicina, raggiungendo le aree più remote. Inoltre, dispone di grandi schermi sulle pareti che possono essere usati per alfabetizzare le popolazioni africane.
Il macchinario, di 30 tonnellate, è stato progettato e costruito in quattro anni in Puglia, con un team complessivo di quaranta persone. Il costo è stato di 2,5 milioni di euro (al netto degli stipendi), finanziati dall’Unione Europea. Nella versione successiva, si pensa a una struttura ancora più grande, magari con docce e bagni, con una capacità di 10mila litri e anche 30-40 erogatori. Sarebbe l’ideale per i paesi africani, i quali non hanno già reti idriche ed elettriche sviluppate, ma si può anche agganciare alla rete idrica, invece di dare fuori le taniche: se c’è rete ma non c’è acqua (Sicilia) può immetterla nella rete recuperandola dal mare.
Si sono appena immessi sul mercato e il primo cliente potrebbe arrivare già a gennaio: il Re di Giordania in persona. Interessante il motivo per cui Attisani non ha voluto brevettare la macchina: non lo fanno per soldi, ma per rivoluzione culturale. Se qualcuno volesse copiarla ben venga, vuol dire che funziona!
In Italia si può fare molto in questo campo. Invece di dare 13 miliardi di incentivi agli idrocarburi, destinarne anche solo uno per finanziare questi progetti farebbe la differenza. Le nuove grandi guerre si combatteranno per l’acqua e queste tecnologie autonome possono cambiare la storia; aver sviluppato in Italia il primo computer termodinamico del mondo è un orgoglio.
Nato a Padova il 15 giugno 1994.
Diplomato in ragioneria, attualmente iscritto alla triennale di Ingegneria dell’Energia nella mia città.
Sono una persona curiosa in molti i campi, dalle nuove tecnologie, in particolare quelle che riguardano l’ambiente, alla politica, passando per lo sport.
Desidererei porre l’attenzione a questa frase presente nel testo : “Inoltre, è in grado di scomporre l’acqua e produrre idrogeno, con cui riempie le bombole con le quali le persone possono cucinare. In futuro può servire anche come produttore di idrogeno per automobili.”
Per le leggi della termodinamica l’estrazione di idrogeno dall’acqua non può avvenire dunque come reazione inversa a costo zero, cioè senza spendere lavoro. Qualsiasi metodo di estrazione comporta quindi un costo che è pari all’energia liberata successivamente dalla combustione dell’idrogeno sotto forma di diidrogeno se a tal fine si utilizza l’esatto processo inverso, e in realtà in tal caso anche maggiore perché non esiste alcuna macchina con rendimento pari al 100% durante il processo di estrazione. In altri termini la produzione di idrogeno sotto forma di diidrogeno attraverso il metodo più semplice, ovvero l’elettrolisi dell’acqua, e il successivo utilizzo dell’idrogeno sotto forma di diidrogeno nella reazione inversa con O2 nelle pile a combustibile non solo non porta ad alcun guadagno energetico, ma anzi, il guadagno netto energetico sarebbe negativo cioè ci sarebbe una perdita dovuta alle dissipazioni in calore