Zhuang-zi e l’utilità dell’inutile
Storie in Rete questa volta ha intrappolato un libro bello corposo, ricco di senso della vita e di assenza di esso allo stesso tempo. Zhuang-zi è una raccolta della dottrina, degli aneddoti e dei ragionamenti di uno dei più grandi teologi e filosofi del mondo antico orientale. Considerato uno dei fondatori e massimi maestri del taoismo, visse e predicò tra il IV e il III secolo a.C., quando la prima fase di strutturazione e affermazione del confucianesimo stava per volgere al termine.
Tale dettaglio è importante perché, come vedremo in seguito, il testo si pone in maniera estremamente critica nei confronti degli insegnamenti di Kong-zi (Confucio).
La struttura del testo: aneddoti, metafore, dialoghi
Il testo è diviso in 33 capitoli, di cui i primi 11 sono chiamati interni, e riassumono le basi sostanziali del pensiero di Zhuang-zi in maniera schietta e diretta. La sezione successiva comprende altri 15 capitoli denominati esterni, in cui si concentrano le destrutturazioni delle dottrine alternative e le critiche di stampo prettamente sociale. Completano il quadro i capitoli cosiddetti misti, che contengono una riproposizione ampliata dei concetti precedenti e qualche chiarimento.
La struttura del testo, all’inizio più diretta e didascalica e via via sempre più esaustiva e raffinata, suggerisce che, come vale per la maggior parte dei compendi filosofici e dei testi sacri antichi, sia stato assemblato in più fasi da discepoli e continuatori, per poi essere attribuito al maestro per metonimia.
La particolare maniera che aveva Zhuang-zi per comunicare i suoi precetti, ovvero utilizzando quasi esclusivamente aneddoti e metafore, rende il volume inaspettatamente piacevole anche da un punto di vista narrativo. Nonostante non possieda una vera e propria trama, preferendo muoversi per tematiche, le storielle esemplificative sono incentrate su personaggi ricorrenti, come Kong-zi o lo stesso Zhuang-zi, ma anche politici del tempo, altri uomini di cultura e persone comune.
Spesso, essi fanno intendere di aver conosciuto il personaggio o il pensiero di un aneddoto precedente, e la storiella in cui compaiono prende le mosse dalla loro critica o dalle loro considerazioni in merito. Ciò conferisce un’aura di organicità e di struttura generale al testo, che pur senza raccontare una storia ben esprime e rappresenta un contesto storico-filosofico-culturale.
La verità muta e la destrutturazione del pensiero
Il taoismo di Zhuang-zi identifica l’essenza della libertà individuale e del corretto atteggiamento delle cose nel non agire. Una visione che a un primo sguardo può apparire assai fatalista, ma che nel suo sviluppo aneddotico rivela ben altro spessore. Per esempio, una delle parabole più significative riguarda il rifiuto di un feudo da parte di Zhuang-zi, in quanto considerava lo sfarzo e il comando attivo contrari alla sua natura e corrotta la visione del sovrano che glielo offrì.
L’insegnamento principale dell’aneddoto è che la libertà individuale consiste nel saper rifiutare lusinghe e facili guadagni, preferendo a essi il fatto di non snaturare il proprio essere. La vera libertà si manifesta dunque nel saper dire no, mentre la propria inclinazione emerge naturalmente se ci si affida al Tao, il concetto unitario alla base della molteplicità delle cose.
Omologo dell’Uno di Plotino, il Tao non possiede attributi di rettitudine o di corruzione, né di bontà o di malvagità, e su questo punto si concentra la critica a Kong-zi, il quale ha invece costruito la sua dottrina sull’etica. Nei molti aneddoti, critici e talvolta sarcastici, in cui Confucio compare o viene nominato, Zhuang-zi sottolinea costantemente l’inutilità e l’inefficacia, in quanto contro natura, di ricercare a ogni costo rettitudine e giustizia, dividendo il caos fondamentale in due sfere distinte invece di assecondarne il flusso.
Il non agire e l’utilità dell’inutile
Se la via corretta sta nel non agire, ovvero nell’accodarsi all’istintivo flusso delle cose invece di tentare di dominarlo o indirizzarlo con la volontà cosciente, il vero sovrano è colui che non emette editti e non tenta di cambiare lo status quo, il vero intellettuale colui che non aspira a rivoluzionare il sapere per far brillare il proprio ego tramite l’esposizione dell’intelligenza, il vero santo è colui che esemplifica la rettitudine in silenzio e rifiuta ammonimenti e prediche.
E il popolo? Nei suoi confronti, Zhuang-zi mantiene un atteggiamento sostanzialmente neutro, ma aperto alla meraviglia e rispettoso della sua saggezza intrinseca. Alcuni aneddoti sono infatti incentrati su alcuni mastri artigiani e sull’origine della loro abilità. Origine a cui nessuno di loro sa davvero risalire, in quanto irrazionale, basata sull’essere catturati dalla qualità di un oggetto e sul lasciarsi trascinare dall’inerzia naturale delle sue fasi di lavorazione. Spegnere la mente per accendere il genio. In questa massima è sintetizzabile il non agire, o meglio, l’agire in accordo con il Tao.
Compiere senza sapere perché, ecco il Tao
Zhuang-zi
Il fine ultimo del non agire è condurre serenamente l’individuo fino al limite naturale della sua esistenza, tramite la preservazione delle energie psicofisiche e della sua integrità. In piena sintonia con il concetto di otium latino, Zhuang-zi promuove l’utilità dell’inutile, spiegandolo magistralmente attraverso la metafora dell’albero dal legno non conforme alla lavorazione e dai frutti non commestibili, che viene esecrato da tutti, ma proprio perché inutilizzabile per fini umani, esso esiste da più tempo di tutta la foresta e continuerà a farlo per generazioni.
Un testo da leggere
In definitiva, Zhuang-zi è un testo davvero interessante, pieno di spunti di riflessione e di miglioramento per la condizione e la visione di sé e delle cose degli individui. Sebbene alcuni concetti e insegnamenti siano decisamente anacronistici, come dimostra la diffusione su larga scala di buddismo e confucianesimo in Asia, contiene un numero notevole di destrutturazioni di falsi miti, domande retoriche e affermazioni in grado di scuotere dalle fondamenta certezze e dogmi di una società ubriaca di progresso come quella contemporanea.
Si tratta di uno di quei libri che, citando l’edizione Adelphi: «Se l’umanità fosse ridotta ad avere pochissimi libri, dovrebbe includervi il Zhuang-zi. É un’opera inesauribile, perennemente viva, agile, fluida, di una gravità così leggera, di una leggerezza così giusta, priva di ogni pomposità e autorevole come l’origine stessa».
Classe 1993, volevo fare il giornalista ma non ho la lingua abbastanza svelta.
Mi arrabatto tra servire pietanze, scrivere e leggere romanzi, consumare bottiglie di vino, crisi esistenziali, riflessioni filosofiche di cui non frega niente a nessuno e criptovalute.
Amo il paradosso, dunque non posso essere più felice di stare al mondo.